Turismo: milioni di denaro pubblico per nulla

Il turismo, si sa, è una risorsa quanto mai preziosa per il Belpaese: impiega circa 2 milioni e mezzo di lavoratori (l’11% dell’occupazione nazionale) e vale il 10% del Pil italiano. Tuttavia, secondo l’Osservatorio nazionale del turismo, le regioni che incassano il 60% del totale sono Lombardia, Lazio, Veneto e Toscana. Sono loro, per così dire, a tirare la carretta.

E le altre? Ma soprattutto: esiste un programma nazionale di valorizzazione turistica?

Il Ddl del Ministero dei beni artistici e culturali, approvato lo scorso 29 agosto dal Consiglio dei Ministri, prevede la concessione di autonomie speciali a venti musei e siti archeologici, tra cui il Colosseo, affidati a dei dirigenti tramite una selezione pubblica, e la possibilità per i sindaci di ricorrere contro il parere di una soprintendenza per sbloccare una grande opera urbana (metro, tram). Inoltre, sono stati confermati gli sgravi fiscali per quei cittadini o imprenditori che vogliano investire sulla tutela o i restauri del nostro patrimonio artistico.

Tutto ciò è stato definito da Franceschini un “cambiamento profondo, che permette di investire nel settore della cultura e del turismo come fattore trainante della ripresa economica del paese”. Sono, a ben vedere, tre norme (più un progetto di un percorso pedonale che colleghi Fiumicino al Porto di Traiano) che entreranno in vigore solo l’anno prossimo. Nessun riferimento alla promozione turistica. Insomma, sembra la solita trovata pubblicitaria made in Renzi.

Ma come è gestito il marketing in tema di turismo? Se ne occupa l’Enit, l’Agenzia nazionale. Ieri si è diffusa la notizia che l’attuale direttore generale Andrea Bobbi sia indagato dalla procura di Roma per peculato: per fare qualche esempio, nel 2013 avrebbe speso 138 mila euro solo per comprare giornali e riviste, e oltre 5 milioni per stipendiare quel centinaio di dipendenti che lavorano all’estero. Stiamo parlando, ovviamente, di soldi pubblici. In più, l’Enit ha in gestione il sito italia.it, che dovrebbe servire a presentare il nostro Paese ai turisti stranieri. È stato aperto nel 2007, richiuso per l’insoddisfazione degli utenti, poi affidato all’Aci, non più all’Ibm che lo aveva realizzato. In tutto, anche a causa di un contenzioso con la stessa Ibm, è costato più di 10 milioni di euro. Avrebbe anche una versione cinese, che però da anni è chiusa per manutenzione (le stime parlano di più di 300 mila euro già spesi, ma non sono dati ufficiali). L’Odissea continua.

Elena Ferrato