L’incomprensione: il sale di molti film, ma non solo

La Sirenetta, che desidera tanto provare la vita sulla superficie e viene a patti con Ursula per riuscirci, dopo che il padre le ha completamente vietato di farlo. Riesce ad ottenere delle gambe, ma la strega del mare si impadronisce della sua voce, in cambio. E così iniziano le peripezie della povera Ariel che deve far capire al principe di essere proprio lei, nonostante le manchi il suo elemento distintivo. Tutta la storia ruota attorno a questo e, infatti, le cose iniziano a risolversi quando riesce a riacquistare la propria voce e a spiegare l’accaduto.

Il re Leone: un cucciolo in esplorazione vuole arrivare anche dove il padre gli vieta di andare e, anche lui, finisce di fidarsi del cattivo di turno, lo zio Scar. Questi lo inganna e riesce a farlo passare per il colpevole della morte del padre. Persino Simba ne è convinto e scappa lontano. Tutto inizierà, pian piano, a risolversi quando la verità tornerà a galla e così Simba verrà riconosciuto come legittimo nuovo re.

In queste storie, come in molte altre firmate Disney, la trama inizia davvero quando il protagonista esce dalle regole del proprio mondo per un motivo o per l’altro, spesso per curiosità. Da quel momento si ritroverà incastrato in una serie di incomprensioni, magari condite da bugie e/o segreti.

E non sono solo le storie Disney a funzionare così e a riuscire a mantenere il pubblico teso nel vedere cosa accadrà mai ancora e come l’eroe o l’eroina di turno riusciranno a cavarsela.
Nei primi «Star Wars» (che furono prodotti dalla Lucasfilm) possiamo vedere il giovane Anakin Skywalker mentre cerca di tornare dalla madre, ma viene più volte fermato da vari membri dell’ordine a cui appartiene, i Jedi. Questi vedono in lui un grande potenziale e non vogliono che si distragga dal proprio addestramento. Credono che la paura abbia oscurato la sua capacità di percepire e non riescono a credere che sua madre sia realmente in pericolo, perciò non lo aiutano. Questo porta il giovane a sentirsi tradito dalle figure che aveva considerato come i sostituti di un padre, i suoi stessi maestri, e lo fa calare sempre più nei suoi timori, che si dimostrano infine fondati, facendo così scoppiare la sua rabbia e portandolo a diventare proprio ciò che tutti volevano evitare diventasse. Alla base di tutto ciò stanno, nuovamente, alcune pesanti incomprensioni e una mancanza di dialogo e apertura ad esso.

È indubbio che processi simili possano accadere quotidianamente anche nella realtà. Così come è fuori discussione che molte trame perderebbero significato togliendo l’elemento incomprensione, che spesso è proprio il fattore scatenante di molti libri e film. Nella vita quotidiana, però, non c’è l’obbligo di soddisfare l’interesse del pubblico. Quante cose potrebbero risolversi parlando. Ovviamente non si tratta di parlare quasi a vanvera, solo per vedere chi riesce a urlare più forte, come insegnano, invece, i partecipanti degli odierni talk show. E non si tratta neppure solo di formale diplomazia. Dovrebbe piuttosto diventare una spontanea e il più possibile serena apertura del cuore e della mente. Soppesando il tempo necessario a spiegarsi e ascoltarsi e quello che servirebbe per riparare tutti gli eventuali danni causati da un’incomprensione, si dovrebbe constatare il valore che la prima modalità può avere.

Ovviamente, a quel punto, bisognerebbe calare barriere come quella tra generazioni diverse, uscire dalla paura e dagli eccessivi desideri di protezione per mettersi a ragionare su cosa possa giovare di più a tutti. Così, magari, Ariel non avrebbe più dovuto dimostrare al proprio padre che (forse) il mondo su due gambe non era poi così tanto male. O perlomeno lei, Simba o Anakin non sarebbero più dovuti ricorrere alle forze dell’antagonista per raggiungere i propri obiettivi o i propri sogni.