Carola ha sopperito al silenzio dell’UE

Era il 26 giugno quando, dopo circa due settimane in mare alla disperata ricerca di un porto sicuro dove approdare, il capitano della nave Sea Watch, Carola Rackete, violava gli articoli dell’appena approvato decreto sicurezza bis offrendo così una lezione di umanità al Ministro dell’Interno Matteo Salvini e all’inerte opposizione. Se infatti le arroganti dichiarazioni social di Salvini non hanno tardato ad arrivare nemmeno questa volta, aizzando i seguaci del ministro contro «quella sbruffoncella della capitana della Sea Watch», in sordina sono rimasti invece i commenti dell’opposizione di centrosinistra. Che si tratti di una scelta strategica di fronte al preoccupante successo della politica anti-migratoria della Lega o di un’effettiva mancanza di opinioni a riguardo, il silenzio della sinistra rappresenta un allarmante segnale per l’Italia rivelando l’interesse tutto propagandistico della classe politica verso gli incessanti flussi migratori.

Con l’entrata in vigore lo scorso 15 giugno del decreto sicurezza bis il Governo italiano ha di fatto trasferito al Ministero dell’Interno la gestione dei soccorsi in mare dei migranti conferendo così a Salvini lo scettro di «Signore dei porti chiusi». Eppure, nonostante le parvenze, i porti non sono chiusi e nell’ultimo anno in Italia sono giustamente sbarcate duemila persone, dieci per motivi umanitari dalla stessa Sea Watch. È evidente dunque come il Ministro faccia la voce grossa solo quando ritenga che ciò possa garantirgli l’attenzione e il consenso dell’elettorato senza  però preoccuparsi che le sue affermazioni siano veritiere. 

Ciò che però non pare aver capito tanto la destra quanto la sinistra, in Italia e non solo, è che la partita che si sta giocando nel Mediterraneo su navi come la Sea Watch oggi o l’Aquarius l’anno scorso, non è una partita politica e questo il capitano Rackete ha dimostrato di averlo ben chiaro. Se c’è una lezione da imparare da quello che è successo al largo di Lampedusa in questi giorni è che l’elaborazione di un’adeguata regolamentazione per la gestione dei flussi migratori è più che mai necessaria. Accettare la normalizzazione di quella che sembra ormai essere una politica di stallo per il Mediterraneo, lasciando che la nave di turno sia costretta a navigare per giorni in attesa che Ministri e Capi di Stato si mettano d’accordo, non può evidentemente essere la soluzione. Si noti bene come ciò non significhi in alcun modo sostenere la politica dei porti chiusi di Salvini: negare l’approdo in un porto sicuro ad un’imbarcazione trasportante 43 esseri umani o adottare di fronte a tale decisione la linea dell’indifferenza sono atteggiamenti ugualmente inammissibili in una società che si dice garante del diritto alla vita. 

In questo senso la presa di posizione del capitano Carola Rackete è da intendersi come un lodevole atto di disobbedienza civile nei confronti di un’UE che, offuscata dall’egoismo dei  governi nazionali, si è rivelata negli anni incapace di gestire le tratte e gli sbarchi di migranti. Così, in mancanza di una risposta istituzionale da parte dell’Unione Europea, la voce e le azioni di Carola Rackete si oppongono ad una riduzione delle vite dei migranti a meri fantocci per la propaganda politica di un partito ricordandoci che prima di essere paladini della legalità bisognerebbe essere difensori dell’umanità.