I 5 Stelle dall’uguaglianza devono passare alla meritocrazia

Libere donazioni in cambio di autografi. Così il Movimento 5 Stelle finanzia la propria campagna elettorale in vista delle regionali in Sicilia fra qualche mese: il candidato premier in pectore Luigi Di Maio, il beniamino pentastellato Alessandro Di Battista e il candidato presidente della Sicilia Giancarlo Cancelleri firmano qualunque cosa venga portato loro dai fan. «Ricordano i Take That», ha detto qualcuno della redazione ieri. Al di là delle citazioni musicali, una cosa è certa: sono tre star, alla faccia del famoso «uno vale uno».
Se è vero che mettere l’attivista del paese sperduto a rilasciare autografi non avrebbe dato gli stessi risultati, è altrettanto vero che i pentastellati devono fare i conti con la più banale delle considerazioni: non è vero che «uno vale uno», sia a livello di contenuti e di capacità, sia – soprattutto – per quanto riguarda l’eco mediatica. Tanto per fare un esempio, il video delle firme è stato condiviso anche dal profilo Facebook di Luigi Di Maio che, da vicepresidente della Camera e da volto dei 5 Stelle per antonomasia, ha più di un milione di persone che lo segue.
È giunto il tempo che i pentastellati passino dall’uguaglianza alla meritocrazia: 4 anni fa, quando sono arrivati in parlamento, erano davvero «tutti uguali», davvero «uno valeva uno». Oggi non è più così, grazie a Dio: l’esperienza politica ha permesso ai più preparati e ai più convincenti di emergere, anche per merito delle ospitate televisive (tanto bistrattate all’inizio), e oggi a legislatura quasi conclusa c’è chi vale di più e chi vale di meno. La parola di qualcuno ha più peso della parola di qualcun altro, si spera che a valere di più sia l’opinione del più preparato. È la meritocrazia, bellezza, e i 5 Stelle devono accettarla, perché è alla base di qualunque Stato moderno funzionante.