Con questa manovra, nessuno può dirsi vincitore

Vincitori cercasi. Dopo l’approvazione del maxi emendamento sulla legge di bilancio al Senato, che non avrà problemi a ricevere la fiducia anche alla Camera, risulta davvero difficile trovare una parte che possa dirsi soddisfatta di quanto arrivato in Parlamento. Probabilmente perché, non a caso, la politica è anche conosciuta come «l’arte del compromesso»: tutti quanti hanno dunque dovuto rinunciare a qualcosa.

Partiamo dal Governo italiano. Dopo i trionfalismi di fine ottobre, con l’uscita festosa di Di Maio sul balcone di Palazzo Chigi, l’esecutivo esce dal confronto con la Commissione Europea con le ossa parzialmente rotte: la retromarcia sul deficit desta, su tutte, due preoccupazioni più di altre. La prima è il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nella PA fino al 15 novembre, compresa l’Università, escludendo solo certe categorie di ricercatori. Poliziotti, insegnanti e molti altri dipendenti precari da anni dovranno aspettare ancora per essere stabilizzati. Il secondo tasto dolente è l’innalzamento delle clausole di salvaguardia Iva per il 2019 e il 2020: seppur in parte ereditate dal passato e mai scattate fin’ora, restano un’incognita non da poco sul futuro, in quanto il loro disinnesco toglierà molti finanziamenti agli altri punti del programma.

Altre preoccupazioni sono date dal ridimensionamento delle risorse per il Reddito di Cittadinanza e per Quota 100, per cui il giudizio è ulteriormente rinviato a gennaio quando saranno approvati i decreti che definiranno le misure e dall’innalzamento del limite per l’affidamento diretto degli appalti (da 40mila a 150mila euro) che ha messo in allerta l’Anticorruzione e l’Antimafia.

Dalla trattativa non esce bene neanche la Commissione Europea. Dopo una parvenza di dimostrazione di superiorità, che ha fatto indietreggiare il Governo dal 2,4% al 2% di deficit (meno di Gentiloni, anche se le previsioni lo volevano ancora più basso), si scopre venerdì che le manifestazioni in Francia e i conseguenti provvedimenti di Macron hanno messo discordia tra i Commissari. Moscovici sembra tenere un piede in due scarpe, volendo salvare la Francia e penalizzare l’Italia, mentre Oettinger giunti a questo punto punirebbe anche la Francia, aprendo la procedura d’infrazione. Alla fine anche l’accordo con l’Italia è stato definito imperfetto, nonostante si sia riusciti ad evitare la procedura d’infrazione. D’altronde, con le elezioni Europee alle porte e visto il crollo ai minimi storici dei loro due partiti (e anche di quello del terzo commissario, il lettone Dombrovskis) alle rispettive elezioni nazionali, è il momento peggiore per dare autorevolezza alla carica che ricoprono. Vedremo se e come cambierà la composizione dopo i risultati delle votazioni di maggio.

Da ultimo, anche l’opposizione parlamentare in Italia non riesce a riprendersi, inanellando una serie di dichiarazioni e attacchi poco credibili da 8 mesi a questa parte. È innegabile il fatto che il tempo per analizzare e discutere il testo sia stato minimo, quindi assolutamente non sufficiente, e che ciò abbia contribuito ad esautorare il Parlamento dalla sua funzione primaria, privando anche alle opposizioni di apportare eventuali miglioramenti. Se però chi fa notare queste storture in passato aveva avallato ben otto fiducie alla legge elettorale, il Rosatellum, o aveva altrettanto bellamente ignorato la Commissione Bilancio due anni prima, l’erosione ai consensi del Governo continuerà a restare pura utopia.