Il decreto sui vaccini aumenta la sfiducia verso lo Stato

Con il nuovo decreto legge recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri il numero di malattie per cui è obbligatorio essere vaccinati è salito a 12, almeno per quanto riguarda il prossimo anno scolastico. In particolare, i bambini non vaccinati di età inferiore ai 6 anni non potranno accedere a nidi e scuole di infanzia, mentre per i ragazzi fino ai 16 anni sono previste sanzioni dai 500 ai 7500 euro, oltre alla possibile sospensione della patria potestà per i genitori. Al momento dell’iscrizione dovranno essere presentate le vaccinazioni fatte e il dirigente scolastico sarà obbligato a segnalare alle Asl competenti gli alunni non immunizzati, a cui verrà concesso qualche giorno per regolarizzare la loro situazione. Saranno esclusi, dopo aver presentato l’adeguata certificazione, tutti i giovani già immunizzati, o che, per altre condizioni mediche, non possano vaccinarsi. È inoltre prevista una campagna straordinaria di sensibilizzazione sull’importanza delle vaccinazioni per la tutela della salute, a partire dal prossimo primo giugno.
Tale decisione è maturata dal fatto che la copertura vaccinale in Italia è calata negli ultimi anni sotto la soglia considerata sicura e indicativamente fissata al 95%. Ad esempio, nel Lazio, dove la copertura contro il morbillo è la più bassa nel nostro paese, solo l’86% è vaccinato, ben al di sotto del livello di guarda.
Il provvedimento, come ci si poteva aspettare, ha scatenato forti polemiche. Negli ultimi decenni, ovvero a partire dal caso delle pubblicazioni fraudolente del dottor Wakefield, i vaccini sono visti in modo fortemente critico da ampie fette di popolazione. Da questo punto di vista, la discussione sul provvedimento è stata impostata in malo modo e ciò non ha certo aiutato l’accettazione dello stesso. Quello che non è stato fatto è di dividere in modo netto i due piani della questione, quello scientifico e quello politico, preoccupandosi solo del primo. Se infatti si è cercato, anche se forse un po’ stentatamente, di spiegare perché questo decreto si chiedeva necessario, non si è minimamente affrontato il quesito sul diritto, o meno, che avrebbe il potere legislativo di intromettersi sulle questioni di salute dei propri cittadini. Illustrare come e perché questo è assolutamente nella normalità delle cose in particolari contesti all’interno di uno Stato modernamente inteso doveva essere forse il primo passo da compiere nel clima di perenne sfiducia verso le istituzioni che permea il nostro paese.