Difendere la stampa a prescindere è sbagliato

Come sempre, con la solita boria, la stampa quasi all’unisono porta in prima pagina la volgarità di Di Battista: «Le uniche puttane qui sono proprio loro, questi pennivendoli che non si prostituiscono neppure per necessità, ma solo per viltà».
Si parla, ovviamente, del caso Raggi.
La Sindaca di Roma è stata attaccata più o meno da tutta l’informazione, soprattutto prima delle politiche del 4 marzo. Articoli su articoli che hanno  storpiato la realtà (non sempre, chiaramente) e dipinto la Raggi in qualsiasi modo. Accuse e ipotesi strampalate, senza un nesso con la realtà, accuse di corruzione e di sesso in Campidoglio.

Le parole dal Nicaragua sono un ottimo pretesto per fare partire la carovana di articoli in difesa della libertà di stampa e del fascismo diffuso in queste menti diaboliche che sono al governo.
Ogni occasione è buona, tranne quando l’indipendenza dell’informazione viene messa in discussione veramente.

L’indignazione mediatica è partita perché definire una parte di informazione come una prostituta è gravissimo. È un po’ meno grave,e un po’ più difficile indignarsi, quando la libertà di stampa è messa in discussione secondo schemi ben precisi.
Il modello Berlusconi andava benissimo: si fanno fuori i giornalisti scomodi (Santoro, Biagi, Luttazzi) e si posizionano uomini di fiducia nei tg e nelle proprie reti (conflitto di interessi, what?). Oppure il metodo Renzi: selezioni i vertici della tv pubblica i quali nomineranno direttori cagnolini nei principali telegiornali. Modelli da seguire con attenzione perché, in questi casi, la libertà di stampa non è messa in discussione.
È fondamentale la libertà d’informazione nel Bel paese e la viviamo sulla nostra pelle ogni giorno. Tipo quando ci fracassano i coglioni con la cronaca nera, propinandoci ogni lacrima e ogni pelo nel naso dei coinvolti e si iniziano trasmissioni ad hoc, telenovele infinite e prime notizie nei tg. Sono le note priorità di questo paese e per la nostra buona sorte abbiamo dei giornalisti coraggiosissimi che ci raccontano tutto, ogni giorno.
La disinformazione è diventata informazione. L’obnubilamento della realtà è all’ordine del giorno e così una parolaccia diventa la notizia. Un po’ come accadeva negli anni del V-day, quando l’apertura di Porta a Porta era l’analisi etimologica del vaffanculo utilizzato sul palco di Bologna o di Torino.

Certo, è innegabile che la stampa in questi anni sia stata attaccata e i Giornalisti, quelli con la G maiuscola, quelli liberi, sono stati spesso messi in secondo piano.
Non possiamo però dimenticarci che l’informazione è anche il conflitto di interessi di politici e lobbisti, piena di giornalisti che non rendono merito alla categoria, quei giornalisti che sono tra i principali responsabili del ventennio berlusconiano, quei giornalisti che hanno idolatrato renzi come il nuovo Messia, quei giornalisti che non hanno fatto nulla quando Enzo Biagi è stato sbattuto fuori dalla Rai.

Difendere la stampa a prescindere è riduttivo e molto miope. Sostenere che una parte dell’informazione si prostituisca al migliore offerente ( o per viltà, come sostiene Di Battista) è semplicemente un dato di fatto. «Compagni giornalisti, avete troppa sete e non sapete approfittare delle libertà che avete. Avete ancora la libertà di pensare, ma quello non lo fate e in cambio pretendete la libertà di scrivere…». (un certo Sig. G).