DiffeRenzie: Matteo pagava lavoratori in nero?

Ipocrisia: una brutta malattia di cui, a quanto pare, è affetta la famiglia Renzi. Tiziano Renzi si è scagliato contro Antonio Di Maio; dimentico di essere plurindagato per reati gravi, ha tenuto a prendere le distanze dal genitore del vicepremier, che a differenza sua non è mai stato indagato: «Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88 euro di tasse». Tre frasi probabilmente vere oggi, ma non in passato. Infatti, Renzi senior è stato obbligato a risarcire strilloni e volantinatori per l’irregolarità dell’inquadramento.

Ad aggravare la situazione dei Renzi e a marcarne le diffeRenzie rispetto ai Di Maio c’è poi il racconto di Andrea Santoni, ex distributore di giornali dell’azienda di Tiziano Renzi: «Suo figlio -Matteo Renzi ndr- ci portava le copie dei giornali da vendere e poi ritirava gli incassi, a noi restava una quota. Mai visto un contratto». Quindi, in questo caso, Matteo Renzi sarebbe stato direttamente coinvolto sia nella gestione dell’azienda sia a pagare lavoratori in nero sfruttati; nel caso Di Maio invece il vice premier oltre a collaborare con Le Iene e a fornire tutte le documentazioni del suo lavoro nell’azienda del padre «risultate poi regolari» non c’entrava nulla neppure col lavoro in nero visto che fra il 2008 e il 2010, periodo a cui si riferiscono i fatti, non possedeva nessuna quota societaria dell’azienda né la gestiva. Cosa che poi cambierà nel 2014 quando insieme alla sorella prenderà il 50% delle quote, ma questo periodo non è oggetto di discussioni. Inoltre, ironia della sorte, si sfata la leggenda metropolitana secondo cui di Maio non abbia mai lavorato, risultando la vicenda un boomerang per chi ha provato ad attaccarlo sul personale.

Ma Matteo Renzi non ci sta e dopo aver letto la notizia sul quotidiano La Verità risponde così su Facebook: «Ogni accostamento dei guai dei Di Maio alla mia famiglia fa fioccare le azioni civili per risarcimento danni: ancora oggi un quotidiano ci ha diffamati sul lavoro nero, dicendo il falso e il suo direttore ne risponderà in tribunale. Del resto, dopo la doppia condanna di Marco Travaglio, fare azioni civili di risarcimento danno è diventato per mio padre un dovere morale, prima ancora che un diritto».

Vogliamo credere che Matteo Renzi dica tutta la verità, ma se così è perché non pubblica i documenti che attestano l’assunzione di quei lavoratori e/o in alternativa la sua posizione in azienda nel periodo incriminato, come ha fatto il vice premier? È molto semplice parlare e nascondersi dietro la giustizia lentissima di questo Paese. La verità è che il garantismo in politica non basta, bisogna apparire al di sopra di ogni sospetto, non basta un post su Facebook dove non si dimostra nulla.