Diritti dei lavoratori calpestati, ma la Boschi pensa ai calciatori

Risale a qualche giorno fa la pubblicazione di un twit che farebbe quantomeno sorridere, se non fosse che chi l’ha partorito risponde al nome di Maria Elena Boschi, ex Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti col Parlamento (quella che dichiarò che avrebbe lasciato la politica in caso di fallimento della riforma costituzionale), attuale Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (perché la conferma nel Governo Gentiloni con annessa promozione se l’è proprio meritata). Parliamo di questo: «Norvegia: sancita parità salariale tra calciatori e calciatrici. Domani con Luca Lotti daremo vita a tavolo di lavoro su questi temi».
Capite immediatamente che se l’avesse scritto un comune mortale ci saremmo fatti una risata tutti insieme appassionatamente, ma se un post di questo tenore viene diffuso da una rappresentante delle istituzioni, un minimo di rabbia ci nasce dentro. Certamente, si tratta di una notizia da accogliere con favore perché l’abbattimento delle discriminazioni è sempre un dato positivo, tuttavia non ci pare che il problema più gravoso del mondo sia la disparità di stipendio tra uomini e donne appartenenti a una categoria già di per sé privilegiata e benestante.
Ecco, vogliamo sperare che la cara Meb abbia semplicemente colto questa news per rammentarci che nell’Unione Europea, ancora oggi, le lavoratrici in media percepiscono circa il 16 % in meno dei loro colleghi uomini. In questo caso, non ci riferiamo ad atlete che, pur faticando e mettendo molto impegno nei loro allenamenti, svolgono comunque un lavoro solitamente ben retribuito, soddisfacente e che si esaurirà in giovane età, ma di signore che, fino a oltre sessant’anni, dovranno svegliarsi presto, fare i turni di notte, stare dietro a mille impegni e aspettative, non ricevendo spesso nemmeno un salario consono.
Oppure, Maria Elena ha adottato questo bizzarro esempio per spezzare una lancia a favore dei lavoratori dell’Ilva, operai di Taranto e impiegati della sede di Milano, i quali saranno sottoposti alle misure del Jobs Act e subiranno l’azzeramento degli scatti di anzianità e del contratto integrativo con un taglio previsto in busta paga che si attesta tra il 20 e il 30 per cento. Insomma, oltre a rischiare quotidianamente di contrarre gravissime patologie, questi lavoratori verranno anche scippati dei loro diritti acquisiti, sempre più sviliti nel nostro Paese, quando si tratta del popolo. Eppure, la nostra sottosegretaria non sembra aver speso nessuna esplicita parola per condannare questo ennesimo attentato alla dignità dei cittadini italiani.