C’è chi discute di Ceta (e principio di precauzione) coi cittadini

L’ancora, ai più, sconosciuto Ceta, trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada in esecuzione provvisoria, è stato il tema cardine di una serata d’incontro tra cittadini ed eletti nelle istituzioni svoltasi il 16 novembre ad Alba, in provincia di Cuneo. Organizzata dal consigliere Ivano Martinetti col locale gruppo del M5S, ha visto coinvolta una piccola, ma rappresentativa delegazione delle parti politiche in campo, dando così voce a ogni posizione sull’argomento. Infatti, sono accorsi il deputato Massimo Fiorio del Partito Democratico e gli europarlamentari Alberto Cirio e Tiziana Beghin, esponenti, rispettivamente, di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle.
Partendo dalle numerose argomentazioni addotte da quest’ultima, contraria alla messa in atto del Ceta, vediamo come, secondo i dati dello studio d’impatto commissionato proprio dall’Ue,  quest’accordo non consentirebbe alcun innalzamento significativo del prodotto interno lordo, poiché si attesterebbe a un misero +0,012. Per questa ragione, la Commissione Occupazione e Affari Sociali si è espressa negativamente sul tema. Sostanzialmente, leggendo questi numeri, non si tratterebbe di allargare un mercato, ma di un semplice cambio di operatore economico.
L’onorevole Cirio, invece, al momento della votazione svoltasi al Parlamento Europeo, ha deciso di astenersi, contrariamente a quanto espresso dal suo gruppo, il PPE, il quale si è mostrato favorevole. La motivazione che l’ha portato a non sbilanciarsi è che, sondando i pareri della gente del territorio cuneese nel quale egli vive quando non impegnato a Strasburgo, ha percepito non pochi contrasti. La multinazionale dolciaria Ferrero, radicata lì con la sua storica sede, prevede vantaggi conseguenti all’entrata in vigore, in quanto ritiene il mercato canadese molto appetibile, mentre, rivolgendosi a medio-piccoli produttori agricoli, Cirio ha compreso che solo chi rientra nei quarantuno (sui duecentoottantotto che l’Italia detiene) prodotti protetti da marchi come Igp, Doc e Docg che sono inclusi nel trattato verrà garantito; per coloro che ne restan fuori (come chi coltiva l’eccellente nocciola delle Langhe), emergono dei problemi, come la concorrenza con la merce cosiddetta italian sounding.
Infine, prende la parola l’onorevole Fiorio, membro della Commissione Agricoltura alla Camera, schierato positivamente, il quale difende, oltre all’importanza della tutela delle denominazioni, la bontà dell’azzeramento dei dazi doganali, portando come esempio il vino, sul quale, al momento, grava una tariffa di 0,07 euro al litro. Inoltre, reputa che si registrerà un aumento delle esportazioni che genererà ricchezza per gli stati europei.
Giunge poi a trattare uno dei punti più delicati e dibattuti sull’argomento, il principio di precauzione. Fiorio precisa che non verrà messo in dubbio e che non è presente negli accordi poiché non negoziabile. Il deputato si rifà al principio di equivalenza, il quale- afferma- si attiva solo se gli standard in materia igienico-sanitaria dei due paesi in oggetto sono uguali, motivo per cui dovremmo dormire sogni tranquilli. L’europarlamentare Beghin controbatte citando l’articolo che disciplina questa materia, il quale rimanda a un allegato che dovrebbe stabilire principi e orientamenti per determinare, riconoscere e mantenere l’equivalenza. Questo- incredibilmente- porta la dicitura: «To be agreed later». Insomma, dovrà ancora essere messo a punto- sostiene la pentastellata- chissà da chi, chissà quando. Dunque, pare che il meccanismo che è chiamato a proteggere la salute dei cittadini, ciò su cui si dovrebbe massimamente riflettere ancor prima di guardare al ritorno economico, sia fortemente in bilico.
Al di là delle differenti posizioni, va rivolto un plauso a tutti gli intervenuti per aver dato vita a un dibattito che ha favorito l’informazione sul tema, ancora molto marginale a livello nazionale.