Gli esuberi sono 385, la tragica epopea Ericsson
Oggi torniamo a parlare di Ericsson. Il 12 settembre si è svolto l’ultimo incontro con i sindacati a Roma, al Ministero del Lavoro. L’esito di quest’ultimo è stato prevedibile e negativo: l’azienda ha confermato i 385 esuberi in Italia senza possibilità di appello.
Unico poco consolante imprevisto: la possibilità per i dipendenti, fino al 31 ottobre, di intraprendere una soluzione di «outplacement», cioè essere indirizzati verso aziende specializzate nel ricollocamento. Questo vuol dire che l’azienda favorirà anche con incentivi economici chi sceglierà «sua sponte» di dimettersi subito (entro 45 giorni). Scaduto il termine le lettere di licenziamento partiranno senza nessun ammortizzatore. Dunque il quadro generale non cambia, l’azienda continua a voler intraprendere decisioni unilaterali, e il Governo continua a essere il grande assente di questa vicenda. Se anche proviamo per un attimo a guardare la situazione dalla prospettiva di Ericsson questo atteggiamento rimane inaccettabile: neanche la proposta delle Regioni Lombardia, Lazio, Liguria, Toscana e Campania è stata sufficiente. Il 6 settembre questi enti si sono dichiarati disposti a finanziare la multinazionale su tutti i fronti: dalla formazione continua del personale, all’area di ricerca e sviluppo per l’innovazione tecnologica, fino al finanziamento dei singoli distretti e dei progetti europei transnazionali. Lo stesso sindacato si è reso disponibile ad adattare il profilo personale dei dipendenti alle necessità dell’azienda. Il punto è questo: se la società Ericsson Telecomunicazioni non vede più vantaggioso investire nel nostro paese allora dislochi al più presto le sue sedi italiane liberando questo settore, ma non prima di aver garantito agli esuberati un approdo lavorativo sicuro. Questo non per una sorta di atteggiamento paternalistico dell’azienda verso i suoi dipendenti: la questione riguarda i diritti fondamentali dei lavoratori, garantiti dalla Costituzione. Solo nella sede di Genova saranno probabilmente licenziati 147 lavoratori e lavoratrici. Il che vuol dire che 147 famiglie saranno messe in difficoltà da un’azienda che più che essere in crisi sembra indecisa sul da farsi, e che intanto continua a spostare le sue sedi all’estero per abbattere i costi, senza però rifiutare finanziamenti di vario genere dallo stato italiano. Il problema per il personale esuberato è il ricollocamento, spesso all’età di 40-45 anni, in un settore in cui aggiornarsi di continuo è vitale per rimanere competitivi. Ma c’è anche un problema più vasto, che non mi stanco di ripetere perché è il motivo per cui la vertenza Ericsson ci riguarda tutti: il ruolo italiano nel settore delle telecomunicazioni. Se qualche anno fa poteva vantare una posizione di primo piano grazie all’alta qualificazione del personale e ad Ericsson che decise di investire nel nostro paese, adesso il nostro paese perde colpi sotto l’egida di questa stessa azienda. E continuerà a perderli ancora se il Governo resterà uno spettatore sordo e cieco di questa vicenda.
I nostri errori: Edit: ci è stato giustamente segnalato che l’immagine che avevamo inserito si riferisce all’azienda Piaggio e non a Ericsson. In effetti c’era anche scritto. Ce ne scusiamo con i lettori e correggiamo.