Eterotopie elettorali: le strategie dei partiti

«La numerazione dei voti è la manifestazione terminale di un lungo processo in cui l’influsso massimo appartiene proprio a quelli che dedicano allo Stato e alla Nazione le loro migliori forze (quando lo sono). Se questo presunto gruppo di ottimati, nonostante le forze materiali sterminate che possiede, non ha il consenso della maggioranza, sarà da giudicare o inetto o non rappresentante gli interessi nazionali che non possono non essere prevalenti nell’indurre la volontà nazionale in un senso piuttosto che in un altro» (Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Einaudi 1975, p.1624).
Buona parte della retorica, del discorso, del partito di Renzi era rivolta contro le fake news, le bufale sui vaccini, contro- per usare un’espressione tanto in voga- gli analfabeti funzionali. Uno degli slogan lanciati è stato, infatti: «Vota la scienza, scegli il PD». Ma per quale motivo battere tanto su tematiche politicamente poco rilevanti? Per creare un’eterotopia, termine usato dal filosofo Micheal Foucalt in «Spazi altri» per indicare quegli «spazi differenti […], luoghi altri, una specie di contestazione al contempo mitica e reale dello spazio in cui viviamo».
Quegli spazi dunque, reali o immaginari, nei quali possiamo situare l’Altro, per poterlo guardare da una distanza di sicurezza che ci permette di definire noi stessi, negandolo: noi saremmo ciò che non è l’altro. E al giorno d’oggi -secondo Foucault- le eterotopie più diffuse sarebbero quelle di «deviazione»: prigioni, manicomi, ospedali…
L’area di governo, nel corso della legislatura passata, ha messo in campo una serie di iniziative (ad esempio, reclutare esperti come Burioni) volte a legittimarsi quale unico tutore della Verità, e contemporaneamente delegittimare chi -per un qualsiasi motivo- metteva in dubbio questo paradigma: da qui la caccia sui social al deviante, all’analfabeta funzionale, con annessa gogna mediatica, creando quasi un manicomio (eterotopia moderna per eccellenza) virtuale. Identificando l’Altro con una relativamente piccola cerchia di utenti, il PD poteva mostrarsi neutro, scientifico, non ideologico, alla maggior parte degli italiani, sperando di racimolare consensi anche tra gli elettori di altri partiti.
Piano piano si è costituita così un’alterità, un’eterotopia comprendente tutti quelli che rifiutavano il discorso «scientifico» piddino: scopo voluto e ricercato dagli ideatori delle varie cacce all’analfabeta funzionale et similari, sennonché in democrazia contano i voti.
L’Altro, per la maggior parte degli italiani costretti a vivere ogni giorno sulla propria pelle le contraddizioni di questo discorso, è allora divenuto il PD.
Chi infatti è riuscito a convincere l’ex partito di governo? Coloro che non hanno notato l’incoerenza di un governo che, mentre in nome della salute si batteva contro i vari phantasma dell’antivaccinismo, tagliava i fondi agli ospedali. Il PD è stato in grado di convincere coloro che possono permettersi la sanità privata, fornendo, anzi, ai ceti agiati altri elementi identitari e di differenziazione: la fiducia nella scienza ufficiale. Le classi sociali si vanno sempre più polarizzando, e il PD ha puntato su quella meno numerosa, quella dei ricchi.
Oggi risultano fallimentari le eterotopie che potevano andar bene nel 2014, quando l’Altro era l’euroscettico e si convinsero con successo le classi medie a distanziarsi dalle forze più estreme. Anni e anni di crisi non lo rendono più possibile. Chi vuole vincere oggi deve riuscire a identificare l’Altro in chi ha governato negli scorsi anni: dieci anni di crisi rendono inaccettabile qualsiasi compromesso, legittimando qualsiasi estremismo. Gli elettori hanno, infatti, premiato Lega e Movimento 5 Stelle: riusciranno Salvini e Di Maio a non deludere le loro aspettative?