Cos’è la fibrosi cistica (Fc)?

Da un punto di vista medico
Cftr; questo l’attore protagonista di un irriverente dramma messo in scena dalla genetica. Sceneggiature e coreografie da sempre curate da bambini e bambine, poi uomini e donne, armati di un dedito quanto irreprensibile senso della vita. La fibrosi cistica è un difetto monogenico, che però si manifesta come malattia multisistemica; dal difetto genetico di una sola proteina si hanno ripercussioni e conseguenti patologie in più organi ed apparati (essendo la stessa proteina presente in più distretti). La patologia autosomica recessiva colpisce in maniera diversa nelle diverse etnie ma mantenendo prevalenza maggiore nelle popolazioni caucasiche dell’America settentrionale e dell’Europa; viene diagnosticata in circa 1 bambino su 3000. Inevitabile lasciarsi scappare il commento sul fatto che questa incidenza non sia assolutamente trascurabile. Per comprendere appieno l’invadenza della malattia nella vita di questi pazienti è necessario conoscere da vicino il nostro attore protagonista e il suo contesto d’azione. In condizioni normali, sulla superficie delle cellule sono espresse proteine deputate a far entrare e uscire sostanze che altrimenti non potrebbero farlo a causa della loro carica elettrica (ioni). Questo «traffico» di atomi serve anche a rendere possibile la realizzazione delle corrette funzioni della cellula, in particolare nei tessuti deputati alle secrezioni del corpo, dove è essenziale regolare il contenuto di acqua nei secreti rendendoli più o meno fluidi a seconda delle necessità.

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Cftr è una proteina che funge da trasportatore di ioni cloro e funge anche da regolatore nei confronti di altri trasportatori. 1480 infinitesimali aminoacidi essenziali alla meccanica di un corpo intero. La patologia insorge a causa di mutazioni a carico di questo trasportatore. Queste mutazioni, a seconda dell’entità, porteranno a disfunzioni più o meno gravi della proteina stessa e proprio per questo sono state classificate; così facendo sarà possibile farsi un’idea sul decorso della malattia e sul trattamento che il medico dovrà impostare per mantenere la qualità di vita ai livelli migliori possibili( da questa malattia non si guarisce, ma ci si difende, ci si confronta, ci si convive). Le mutazioni di classe I-III vengono considerate «gravi», mentre quelle di classe IV-V possono essere considerate «lievi». La mutazione più comune del gene Fc, codificante per il prodotto proteico Cftr , è la così nominata «deltaF508», una mutazione facente parte della classe II. Si tratta di una delezione di 3 paia di basi del DNA (manca un pezzo di catena). La conseguenza? Viene a mancare uno e uno solo di tutti gli aminoacidi che compongono la proteina. Ironia della sorte vuole che sia proprio quella singola fenalanina mancante a permettere il corretto «impacchettamento» del trasportatore che, non potendo più formarsi a dovere, non arriverà mai alla superficie della cellula. Il Cftr è presente in numerosi organi e per tutta la lunghezza di interi apparati; si posiziona sulla membrana delle cellule degli epiteli bronchiali e del tratto gastrointestinale (dove regola l’assorbimento di liquidi), delle ghiandole sudoripare (per il riassorbimento dei Sali) e del pancreas(per la secrezione dei liquidi). È facile immaginare quindi l’entità del problema relativo ad un suo malfunzionamento! Il malassorbimento dei nutrienti, l’insufficienza pancreatica, le occlusioni intestinali ricorrenti, i non poco infrequenti casi di sterilità( circa il 25% delle donne affette), senza contare l’asprezza dei danni che la malattia lascia tanto sull’umore quanto nell’anima, non rendono la vita facile ai pazienti affetti. La maggior parte dei pazienti con Fc presenta segni e sintomi già in età infantile; all’incirca il 20% presenta un’ostruzione intestinale (detta ileo da meconio) entro le prime 24 ore dalla nascita !Più in generale, entro i primi due anni di vita, compaiono già sintomi quali tosse ricorrente e ritardi dell’accrescimento. La convivenza con patologie così invalidanti e soprattutto ingravescenti nel tempo compromettono di molto la qualità della vita degli affetti, costringendo i malati a continui monitoraggi medici. Nonostante questo non rappresentano la causa della morte di questi pazienti; a discapito di quanto si potrebbe pensare è a livello polmonare che si gioca la partita tra la vita e la sua fine. I polmoni sono organi continuamente a contatto con l’esterno e per questo più suscettibili di altri alle infezioni. In condizioni di normalità, nel lume bronchiale esistono cellule deputate alla secrezione di muco (nel quale verranno intrappolati batteri, agenti chimici e inquinanti) e cellule «cigliate», così chiamate in quanto presentano piccole protrusioni, simili appunto a delle ciglia, che muovendosi permettono lo scorrimento del muco verso l’alto e quindi l’espulsione di tutto ciò che è presente in esso. Per rendere possibile tutto ciò il muco deve presentare una certa fluidità e consistenza in maniera tale da consentire il corretto movimento delle ciglia. Fluida consistenza data dal quantitativo d’acqua in esso presente! Il Cftr, liberando lo ione cloro all’esterno della cellula e inibendo il riassorbimento del sodio all’interno della stessa, permette all’acqua di uscire per osmosi ( ovvero seguendo la concentrazione degli ioni) verso il lume bronchiale nel quale sono stati estrusi e non riassorbiti rispettivamente il cloro e il sodio. Di conseguenza l’acqua entra così nella composizione del film di muco protettivo del lume dei bronchi rendendolo più facilmente mobilitabile. Questo scorrimento del muco verso l’esterno dell’apparato e l’estrusione di tutto ciò che esso contiene, è il principale meccanismo di difesa innato delle vie aeree contro le infezioni da germi inalati. Chiaro che, se l’idratazione del muco viene meno, la sua densità aumenta rendendo problematico il processo descritto e, di contro, aderirà alla superficie delle vie aeree rendendo impossibile la sua eliminazione. La stagnazione, rende il muco un vero e proprio terreno fertile per batteri e germi di varia natura portando così a lungo andare alla morte dei pazienti, non per la malattia in se stessa ma per la complicanza infettiva. Oltre il 95% dei pazienti affetti finisce la storia della sua malattia con questi esiti. Per un medico, i principali obiettivi della terapia della Fc sono quelli di promuovere la pulizia del muco, controllare le infezioni polmonari, fornire un’alimentazione adeguata e prevenire l’ostruzione intestinale. Non volendo entrare ulteriormente nei dettagli tecnici, ci teniamo però a ricordare che si tratta di un percorso terapeutico estremamente complesso, nel quale è richiesto un grande quantitativo di farmaci, un’estrema attenzione e dedizione da parte del curante e, ultima ma non meno importante, una grande spinta alla vita e alla lotta da parte del paziente. Nonostante tutti gli sforzi, tuttavia, il «rimedio» migliore, soprattutto in pazienti giovani con una vita davanti, resta il trapianto di polmone bilaterale. Vogliamo apporre tra virgolette la parola «rimedio» proprio nell’intento di non far dimenticare l’invasività dell’intervento, della terapia immunosoppressiva a vita che seguirà e lo spettro delle recidive di malattia, che seguono come una presenza inodore e insapore la storia di questi pazienti. Come ricordato precedentemente, il polmone è l’unico organo continuamente a contatto con l’esterno e di conseguenza molto più suscettibile a complicanze, a maggior ragione se sotto immunosoppressivi per evitare il rigetto di trapianto. Questa arma a doppio taglio difende dai propri anticorpi ma impedisce agli stessi di svolgere la loro azione sui germi esterni. Che dire quindi? Non molto di più di quanto già detto; limitarsi all’oggettività in certi casi è l’unica arma che resta per non cadere nella superbia di «credere di poter capire». Convivere con la morte non è cosa su cui speculare per chi non può condividere le sensazioni, i pensieri, gli slanci e i leitmotiv di queste vite sempre sull’onda della speranza. Affidiamo il racconto di tutto ciò e la possibilità di riviverli con la dovuta romantica e calda empatia alle parole di questi eroi forti e silenziosi dalla medaglia quotidiana.

Giuliana Andretta

Studentessa di Medicina, Università degli Studi di Padova