La giustizia di Vasto può distruggere uno Stato

Era luglio 2015 quando a Vasto (Chieti) una donna, a bordo del proprio scooter, è stata investita e uccisa da un ventiduenne in auto, il quale forse non aveva rispettato un semaforo rosso. In seguito a quanto avvenuto, secondo le parole del Capo della Procura Giampiero Di Florio all’Ansa, il giovane «era imputato di omicidio stradale e il rinvio a giudizio era stato firmato alla fine del 2016».
Purtroppo però il ventiduenne a processo non c’è mai arrivato perché dieci giorni fa il marito della donna l’ha ucciso, con quattro colpi d’arma da fuoco al petto. L’uomo, dopo aver compiuto l’omicidio ha appoggiato la pistola sulla tomba della moglie, ha chiamato un amico per dirgli che si era fatto giustizia da solo, infine – sentito l’avvocato – si è costituito dai Carabinieri.
Sui social network si è scatenato l’inferno, con gli utenti divisi fra chi approva il gesto del marito che vendica la moglie e chi invece ritiene che sia stata una follia. Sono nati addirittura dei gruppi in sostegno dell’uomo.
Certo, le opinioni sono soggettive e completamente libere ed è giusto così. Il problema è però più profondo.
Purtroppo il dolore che si prova legato alla perdita di una persona cara è lacerante e spesso incomprensibili sono i meccanismi che si innescano provando un sentimento cosi forte, ma questo non giustifica affatto l’atto di uccidere un’altra persona.
Se cosi fosse allora sarebbe nuovamente autorizzata la legge del taglione ripagando un uomo con la stessa moneta con cui ci ha feriti. Da qui andrebbe in crisi tutto il mondo in cui viviamo ed i valori che gli appartengono, come la fiducia stessa che riponiamo nei diritti fondamentali dell’uomo e della vita, principio inviolabile e sacro, sancito anche dalla Costituzione Italiana.
Pensate se tutti noi fossimo autorizzati a vendicarci, si scatenerebbe una vera e propria guerra senza fine composta da tanti atti illegali che si susseguono l’un l’altro; il confine fra un schiaffo a un omicidio diventerebbe davvero sottile e la rabbia di ogni uomo, come dimostrato da quanto accaduto, diviene incontrollabile già ora, figuratevi se non vi fossero leggi a limitarla e punirla.
Se il marito non fosse punito per ciò che ha commesso si potrebbe innescare un meccanismo di impunibilità della vendetta. Stessa cosa valeva, ovviamente, per il ventiduenne che doveva pagare per ciò che aveva commesso, se risultato colpevole al processo.
È difficile perdonare un uomo che ha portato via una persona a noi molto cara, forse una delle poche attorno cui ruotava la nostra stessa esistenza, ma pensiamo anche ai familiari di quel ragazzo che, non solo ha sofferto per ciò che ha compiuto, ma adesso anche per la sua perdita.
Non si può privilegiare un dolore piuttosto che un altro, né autorizzare vendette in nessun caso.
È sicuramente difficile, ma non possiamo fare altro che riporre tutta la nostra fiducia nelle istituzioni e nella giustizia, nel giusto processo con la serena accettazione del principio che ognuno, alla fine, verrà ripagato per quel che merita.