Governo Renzi senza Renzi: 12 ministri restano al loro posto

Potremmo tranquillamente chiamarlo «Governo Renziloni» e non si scandalizzerebbe nessuno: pochissime le differenze fra il nuovo esecutivo e quello uscente. Basato ovviamente sulla stessa maggioranza parlamentare, il governo Gentiloni eredita 12 ministri su 18, a cui si deve aggiungere Angelino Alfano che passa dal Viminale alla Farnesina. Claudio De Vincenti e Luca Lotti da sottosegretari vengono promossi rispettivamente al ministero alla Coesione territoriale e Mezzogiorno e al ministero dello Sport, entrambi senza portafoglio; la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli prende il posto della disastrosa Stefania Giannini all’Istruzione e Marco Minniti da sottosegretario diventa ministro dell’Interno.
Ciliegina sulla torta è Maria Elena Boschi che esce dalla porta del ministero delle Riforme e rientra dalla finestra come sottosegretario con funzioni di segretario al consiglio dei ministri. «Se vince il No anche io lascio», aveva detto. E infatti la ritroviamo qui, promossa dopo il fallimento della riforma costituzionale che portava il suo nome.
Una sorta di Renzi-bis senza Renzi, un governo gattopardesco del cambiare tutto per non cambiare niente: viene da chiedersi se l’unico sconfitto dal referendum debba essere il premier uscente, mentre gran parte del suo entourage rimane al proprio posto. Saldi alla poltrona sono Orlando alla Giustizia, Pinotti alla Difesa, Padoan all’Economia, Calenda allo Sviluppo, Martina all’Agricoltura, Galletti all’Ambiente, Delrio alle Infrastrutture, Poletti al Lavoro, Franceschini alla Cultura, Lorenzi alla Salute, Madia alla Semplificazione e Costa agli Affari Regionali.
Come possa un governo siffatto risolvere i problemi lasciati dall’esecutivo precedente, vista la quasi identità fra i due, è un mistero.