Governo in bilico? Ecco le vicende degli ultimi giorni

In questi giorni è passata alla Camera dei Deputati la fiducia sulla Legge di Bilancio. Seppur non sia stata raggiunta la maggioranza assoluta dei componenti, i 314 voti (ricordiamo che i deputati eletti sono 630) sono stati più che sufficienti, alla luce dei 230 contrari, per non incutere alcun timore alla maggioranza. Timori che, invece, sono ben più fondati al Senato, in cui i numeri sono più ballerini, soprattutto dopo le minacce di Renzi delle ultime settimane.

Il protagonismo dell’ex Presidente del Consiglio è nato su più vicende: la riforma del Mes, il sequestro dei pescatori di Mazara del Vallo da parte delle autorità libiche, la governance del Recovery Fund e anche la delega ai servizi segreti. Le minacce non hanno sortito, però, l’effetto desiderato: un ulteriore calo nei sondaggi ha rivelato che minacciare per mesi, con argomenti pretestuosi, un Governo di cui si fa parte, addirittura criticando modi di fare che lui stesso metteva in atto in passato, non paga. Il Movimento Cinque Stelle e il Pd, intelligentemente, non l’hanno seguito su questi temi, ma un passo indietro potrebbe averlo fatto Conte. Il rientro di una situazione di crisi potrebbe essere dato da qualche concessione sulla gestione del Recovery Fund, con la famosa «cabina di regia» chiesta dall’Ue che verrà ridiscussa nei prossimi giorni.

Lasciando da parte le diatribe renziane, la maggioranza non se la passa comunque affatto bene. I 5 stelle sono ancora in fermento al loro interno: a oltre un mese dall’evento nazionale non si è ancora capito quali siano i risultati degli Stati Generali, con accuse reciproche anche importanti (si vedano i rapporti tra la Phillip Morris e Casaleggio) tra i vertici del Movimento e l’Associazione Rousseau. L’emorragia di Parlamentari non si arresta e, appena ieri, Villarosa ha denunciato che qualche «manina» all’interno del Governo modifica i decreti all’insaputa dei sottosegretari. Il Pd si limita ad osservare da fuori, senza cedere alle provocazioni di Renzi e facendo il minimo indispensabile. Franceschini, da sempre tessitore di trame sottobanco, sembra ormai aver preso, anche formalmente, le redini del partito, a scapito di un impassibile Zingaretti.

Tra le minacce renziane, finte o reali che siano, e il senso di unità che cerca di mostrare il resto della maggioranza agli occhi degli elettori, è successo un fatto che ha fatto meno scalpore di quanto ci si potesse aspettare. La Commissione Trasporti si è espressa sull’accordo Telt-Ferrovie, per quanto riguarda la realizzazione della Tav Torino-Lione, senza i voti del Movimento. Il centrodestra ha subito rivendicato il suo voto determinante per l’avanzamento dei lavori, ma per il momento ciò non ha avuto alcuna ripercussione nei rapporti tra i due principali partiti di maggioranza.

Alla vigilia della terza Manovra consecutiva approvata senza discussione in Parlamento, con l’ennesima fiducia posta per accelerare i tempi, sembra quindi di trovarsi in una situazione già vista: un Matteo che prova ad ergersi protagonista, manine che sbucano tra i componenti del Governo e la spaccatura della maggioranza sulla Tav. Solo la primavera, con la probabile attenuazione dell’emergenza dovuta al virus, ci dirà quanto è solida la coalizione. L’impressione però è che, a differenza dell’agosto 2019, la gestione dei soldi del Recovery Fund e l’ormai imminente rinnovo della Presidenza della Repubblica siano due ottimi motivi per continuare l’esperienza di Governo.