Il Governo vuole scontrarsi con l’Ue (a nostro danno)

Fu così che si arrivò allo scontro. La lettera del Ministro dell’Economia Giovanni Tria alla Commissione Europea, con la quale viene rispedita al mittente ogni richiesta di rivedere quell’ormai famoso rapporto deficit – pil al 2,4% parrebbe segnare uno spartiacque definitivo tra la direzione dell’Italia e le raccomandazioni dell’ Unione Europea, tanto che sono arrivate le prime dichiarazioni da parte di alcuni esponenti di governi esteri, nello specifico Austria e Olanda, a favore dell’apertura di una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese.
Questo perché, fondamentalmente, nessuno crede alle stime di crescita fissate all’ 1,5% per il prossimo anno dal Governo italiano, cifre che, visto il momento di quasi stagnazione perenne che vive il nostro Paese, paiono assolutamente irrealistiche.

Forse non ci credevano nemmeno il Presidente del Consiglio Conte e il ministro Tria, i quali dal giorno in cui la Commissione ha respinto la prima bozza della manovra, unicum nella storia europea, hanno lavorato costantemente per stemperare gli animi, cercando di convincere i due Vice Premier Di Maio e Salvini ad abbassare quel 2,4%, nel tentativo di venire incontro alle richieste europee, allo scopo di ottenere la fatidica approvazione.

L’esecutivo gialloverde, forte dei sondaggi che (sommate le percentuali dei due partiti che lo compongono) lo attestano ben oltre il 50%, sa bene infatti che lo scontro con le istituzioni europee rappresenta una ulteriore occasione di campagna elettorale – occupazione preferita di Di Maio e Salvini – e dunque procede dritto, con le sole eccezioni costituite dalla promessa di una svendita del patrimonio immobiliare dello Stato e l’apposizione di clausole di salvaguardia automatiche nel caso il rapporto deficit-pil dovesse sforare, cosa probabile, il 2,4%.

Dunque, appare scontata la procedura di infrazione per l’Italia, che si articolerà all’incirca nel seguente modo: una volta accertata dalla Commissione Europea la violazione dei trattati (cosa palese, oramai), questa potrebbe ricorrere per inadempimento alla Corte di Giustizia e, di conseguenza, richiedere l’imposizione di sanzioni.
Dopodiché, ipotizzando si persista con la linea dura, se l’Italia continuerà a non ottemperare e cioè a non conformarsi con le decisioni di Corte e Commissione, queste potrebbero richiedere un ulteriore deferimento innanzi alla Corte che, come è ovvio che sia, porterebbe questa volta all’obbligo di pagare sanzioni pecuniarie in forma forfettaria o di penalità.
Chiaramente, questo tipo di sanzioni si attesterebbe intorno a diversi miliardi di euro, contribuendo ad aumentare l’enorme voragine dei conti pubblici del nostro Paese.

Non è detto che questo sia un male per tutti gli italiani, però.
Certamente, non lo sarebbe per i due vice-premier che da mesi cavalcano il sentimento anti-europeista di una parte dei cittadini italiani.
Immaginate il momento in cui Salvini e Di Maio dovranno giustificare il fatto di aver bruciato miliardi di euro di finanze pubbliche sull’altare di una manovra quantomeno discutibile, oltre che economicamente insostenibile: se nel vostro pensiero siete convinti che potrebbero fare mea culpa, siete assolutamente fuori strada, perché, come detto pocanzi, questa potrebbe trasformarsi nell’occasione migliore per loro di demonizzare ulteriormente l’Unione Europea e di cavalcarne i responsi elettorali.
Questo perchè «pacta sunt servanda», ma solo fino al gabbiotto elettorale.