La politica che non c’è

Enrico Letta è entusiasta, ha finalmente scacciato i fantasmi renziani, ha finalmente conquistato un seggio alla Camera dei Deputati e adesso intende candidarsi federatore dell’Ulivo.
«Una campagna elettorale bellissima, grazie a chi ha votato, un momento straordinario per la coalizione e per il paese, un grande successo per il centrosinistra e per il Pd.
Questa vittoria del centrosinistra rafforza il governo Draghi, siamo tornati in sintonia con il Paese».
Sarebbe tutto bellissimo se questo gioioso inno all’abbondanza e al trionfo fosse dovuto ad una Gaia pulitissima e splendente, dove l’Italia avesse di gran lunga sgominato il sedicente neofascismo, le truppe di evasori e corruttori, la pandemia, la disoccupazione e la bestia nerissima di tutte le bestie, il mostruosissimo astensionismo.
Il più attento degli analisti politici, il notissimo attore comico Maurizio Crozza è corso in diretta televisiva per restaurare lo specchio della realtà:

«Enrico Letta ha vinto le suppletive nel collegio Siena-Arezzo. L’ha votato solo il 36% dei cittadini, il che vuol dire che c’era più gente dall’estetista che alle urne. Te lo dico meglio, Letta: su 200mila aventi diritto tu hai preso meno di 20mila voti, cioè ti ha votato meno di uno su dieci.
Praticamente hai vinto per abbandono».

Il dato generale definitivo delle elezioni amministrative del 2021 ha fatto registrare una partecipazione pari soltanto al 54,69%, un record negativo storico che segna il passaggio definitivo all’Età dell’Indifferenza.

C’è chi considera questo fenomeno un’ovvietà del contesto italiano, c’è chi spende battute, chi si indigna e poi ci sono i commentatori come Marco Damilano, che, intervenendo in occasione della Maratona di Enrico Mentana, ha svelato le profonde motivazioni che non muovono gli italiani oltre la siepe di casa: «Mario Draghi governa, ha il massimo nei sondaggi, tutti lo citano come salvatore della patria, intendono candidarlo al Quirinale, eppure Draghi non ha un partito e, forse, potrebbe esserci un certo spazio politico. Perché un elettore dovrebbe fare la fila per votare, se poi, in questa legislatura, tutti si sono alleati con tutti, tutti hanno tradito il voto di tutti e poi c’è Mario Draghi, non votato da nessuno, in testa?».
Ecco trovata la ricetta per la soluzione di tutti i mali dell’incancrenita politica: la domanda richiede disperatamente l’offerta di azioni autenticamente anti-establishment? Bene, in assenza di una politica alternativa alla stanca ideologia del sistema, proponiamo il volto più antico e celebre dell’establishment, il banchiere e tecnocrate Mario Draghi.

Ça va sans dire, un metodo di tal portata sradicherebbe la necessità stessa delle elezioni. Gli atavici problemi innescati dalla macchina elettorale, dai sondaggi ai finanziamenti, dagli scrutini fino all’astensionismo, sarebbero, infatti, debellati e tutti vivremmo nella perpetua adorazione dell’unico, eccellente, magnifico Duce, riflesso di un ventennio che qualcuno, come Er Pantera e i camerati di Forza Nuova, vorrebbe realmente ripetere.
Il ripudio della politica inconcludente si esprime con la rabbia e la rabbia si trasforma in spettacolare violenza, soprattutto quando è rinfocolata e strumentalmente adoperata dalla stessa politica per trovare breccia nel cuore degli indecisi, come dimostrato dalla recente inchiesta di Fanpage, volta a far luce sui loschi legami tra forze neofasciste e i partiti guidati da Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Una strategia potentemente estremista in segno conservatore, tuttavia, non offre ampi rendimenti, come dimostrato dalle performance della Lega, che, nell’arco di due anni, ha perso 634mila consensi, pari al 70,2%, un crollo maggiore di quello subito dalla galassia pentastellata.

La maggioranza insoddisfatta e silente non vuole il neofascismo, non vuole il moderatismo, non vuole l’anti-establishment che si fa establishment, la maggioranza domanda a flebilissima voce un progressismo coraggioso, dalle idee vivide e praticabili, per la tutela delle classi basse e medie, accogliente, aperto al coinvolgimento democratico, capace di apportare inclusione e pacificazione sociale.
Solo chi saprà riempire i grandi affamati vincerà.