La scelta

L’Onorevole Paolo Alessandro Mellini era un deputato di nuova elezione. Prima era uno sconosciuto come la gran parte delle donne e degli uomini appena entrati in Parlamento sull’onda del generalizzato e confuso dissenso cavalcato da un popolarissimo comico. Il Movimento fondato da Beppe Grillo è stato, sin dalle sue origini, osservato speciale da parte di tutti gli attori protagonisti del Grande Gioco. Noi eravamo fra questi osservatori. Nelle settimane immediatamente successive alle elezioni del febbraio 2013 la tensione era ad alto livello. Per la prima volta, dopo tanti anni, gli equilibri del Potere erano messi in discussione. Quelle settimane erano decisive per la formazione del governo e l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Non sarò qui a ripercorrere le diverse fasi o a smentire le falsità o mezze verità dette o non dette in quei giorni. L’Organizzazione di cui facevo parte aveva compiuto con successo le sue prime operazioni in Italia e abbiamo giocato un ruolo nei passaggi sopracitati. Gli eventi si sono succeduti come segue.

L’On. Mellini assisteva un’anziana signora lungo l’attraversamento in Via del Corso. Il mandato conferitomi era chiaro: doveva morire. Però, fondamentale era lo scopo che quella morte avrebbe dovuto perseguire. Attraversata la strada è iniziato, da parte mia, un lungo pedinamento. Il nostro obiettivo era far tornare un clima di relativa tranquillità nel Paese. Tale elemento era venuto meno in quanto le Istituzioni si erano avvitate attorno due passaggi decisivi: la formazione del governo e l’elezione del Presidente della Repubblica. Per quanto attiene la formazione del governo la tensione è stata causata dall’iniziale indisponibilità della coalizione del centrosinistra di proseguire nella stagione delle così dette larghe intese. Inoltre; l’alternativa a questo primo scenario era resa improbabile dall’intransigenza degli eletti nel Movimento di Beppe Grillo.  Questa paralisi istituzionale si è aggravata quando il centrosinistra candidava e bocciava tutti i propri candidati per il Quirinale. Ai nostri occhi si sarebbe dovuto, per lo scopo di cui sopra, colpire e ammansire il principale elemento di tensione. Secondo la valutazione dei miei capi, un omicidio come quello ordinatomi – accompagnato da giuste missive – avrebbe portato quel novizio gruppo parlamentare a più miti consigli. Il mio pedinamento si è protratto per giorni e più questi passavano e più mi convincevo che l’ordine impartitomi era inutile allo scopo. Insperata mi si è presentata l’opportunità che avrebbe cambiato la storia. Grillo aveva costruito un ponte nei confronti del centrosinistra; ponendo una condizione: Stefano Rodotà Presidente della Repubblica. Attorno a quel nome si è riunito un pezzo di popolo. Questa unione era elettorale, sentimentale e fisica. Infatti, per spingere il Parlamento riunito in seduto da comune, diverse centinaia di persone gremivano Piazza Montecitorio al grido: RO-DO-TA’. La reazione del Palazzo, però, è stata di segno opposto e la gran parte dei partiti hanno votato per la rielezione del Presidente uscente: Giorgio Napolitano. A quel punto Beppe Grillo è stato mosso dal suo istinto: farsi capo popolo. Un popolo arrabbiato, tradito, vilipeso, umiliato. Bastava poco per causare una carneficina. Il nostro obbiettivo era far tornare la calma nelle strade e nel pubblico dibattito. L’unica via era intercettare il camper di Beppe Grillo diretto in Piazza Montecitorio. Mancavano una manciata di chilometri al suo arrivo e in modo rocambolesco sono riuscito a fermare la sua marcia su Roma.

Beppe Grillo: «Il rischio è lasciargli passare questa cosa. Non è mai successa. Se stanno eleggendo per la seconda volta Napolitano significa che la spazzatura da incenerire è davvero troppa. Non possiamo lasciargli fare questa manovra indisturbati»

Io: «Eccitare la Piazza non è la soluzione, Beppe, e questo proprio per quanto hai appena detto»

Beppe: «Non si può non dare voce alla frustrazione e alla rabbia. Sarebbe un tradimento come quello dei partiti».

Poco dopo gli ho raccontato tutto: le mie attività, Heliopolis, gli ho consegnato le regole. Dopodiché l’ho messo di fronte all’alternativa: il proseguimento dell’opposizione di Piazza o il giuramento al quale anche io mi ero sottoposto. Piazza Montecitorio attendeva il capo popolo mai arrivato. Anche lui aveva fatto la sua scelta.