Le onde elettromagnetiche e il loro impatto sul cervello umano

Da anni ci si pone la questione delle onde elettromagnetiche e di come queste possano impattare sulla vita dell’uomo. In particolare, ci si chiede se queste possono essere nocive e se potrebbero essere la cause dei tumori al cervello.
Sulla loro pericolosità vi sono ancora tanti dubbi e nulla è per ora certo. Infatti, secondo uno studio del 2011 pubblicato dalla IARC, che fa capo all’OMS «allo stato attuale delle conoscenze non sono stati evidenziati effetti nocivi sulla salute. Gli unici effetti sanitari avversi delle onde a radiofrequenza (RF) ad oggi accertati sono quelli di natura termica (l’energia assorbita viene trasformata in calore all’interno dell’organismo)».

Ma dalla scienza arrivano anche segnali confortanti.
Secondo una nuova analisi, se uno stimolo di tipo magnetico raggiunge il cervello può essere in grado di incrementare le capacità cognitive.
In particolare, se queste onde si propagano con una determinata frequenza, la loro incidenza sul nostro cervello ne aumenta in particolare la memoria.
Questa scoperta è stata partorita a partire da uno studio del 2012 che aveva come lo scopo quello di esplorare il ruolo della corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra (DLPFC) nell’oblio volontario.
Secondo lo studio sopraccitato il processo volontario di dimenticare qualcosa era gestito attivamente dalla DLPFC.

Tuttavia, non fu certamente questo a colpire i ricercatori, ma una nuova analisi secondo la quale se si stimola la corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra con una stimolazione magnetica transcranica e se si compie quest’opera mentre il paziente sta apprendendo una certa nozione, si può notare come quest’ultimo sia in grado di ricordarla meglio.
Lo stupore ha colpito anche il neuroscienziato dell’Università di Glasgow Simon Hanslmayr che ha ammesso: «Siamo rimasti piuttosto sorpresi quando abbiamo visto questi effetti nel primo studio, progettato per indagare su una domanda diversa».

Ua casualità non costituisce però una prova, pertanto è stata condotta una nuova ricerca per verificarne i risultati. In questo studio sono stati coinvolti 24 adulti sani, che sono stati sottoposti ad una prova specifica. I pazienti dovevano memorizzare due elenchi di 10 parole, questi elenchi sono stati suddivisi in due liste che sono state mostrate separatamente.
Dopo una piccola distrazione nell’intermezzo, i partecipanti sono stati interrogati e invitati dunque a ricordare le parole memorizzate.
Durante l’intero esperimento, le 24 persone sono state suddivise in due gruppi: in uno i ricercatori hanno somministrato un singolo hertz di stimolazione magnetica transcranica ripetitiva lenta (rTMS) alla corteccia prefrontale, mentre nell’altro ha ricevuto un hertz di rTMS nella parte superiore della testa.
Come volevasi dimostrare, coloro che avevano avuto una stimolazione magnetica transcranica sulla la corteccia prefrontale dorsolaterale hanno raggiunto risultati maggiori.

Secondo ciò che emerge dallo studio, questa stimolazione sembra apportare un effetto inibitorio sulla corteccia che potrebbe anche propagarsi nelle aree adiacenti e secondo il neuroscienziato Mircea van der Plas: «I nostri risultati elettrofisiologici suggeriscono che la stimolazione frontale colpisce una rete più ampia e migliora la formazione della memoria inibendo le aree parietali. Si tratta di effetti complessi ma interessanti che richiedono ulteriori esperimenti per comprendere meglio le loro basi neurali».

Lo studio non è ancora definitivo e ha raccolto ancora pochi dati per poter essere risolutivo, ma si spera che possa essere un punto di partenza per nuovi studi sulle stimolazioni magnetiche e sulle proprietà celebrali dell’uomo.