Libia: proviamo a capire che cosa sta succedendo

Che cosa sta succedendo in Libia? Alle porte della capitale Tripoli sono ripresi nuovi scontri tra le milizie che da anni, ormai, si fronteggiano per il controllo della nazione. La zona sud della capitale è stata attaccata da truppe vicine al generale Khalifa Haftar che da tempo controlla il territorio libico orientale. Haftar, sostenuto ufficiosamente da Macron, si contende il territorio con Fayez al Serraj, primo ministro del governo di accordo nazionale, appoggiato dall’ONU e dal governo italiano.
Dopo una settimana di scontri, di appelli per la pace e di morti, pare essere stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco, grazie alla mediazione del segretario generale delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè. L’accordo prevede di assicurare la protezione dei civili, nonostante in questa settimana scarsa di combattimenti i morti sono almeno 61 civili e più di 200 sono i feriti.
Intanto il primo ministro Serraj ha dichiarato lo stato di emergenza. Gran parte della popolazione di Tripoli è senza acqua e scarseggiano elettricità e benzina.

Con gli scontri avvenuti nella capitale si è intensificato il dramma per i migranti. Infatti oltre 500 persone sono riuscite a fuggire dal campo di detenzione situato nei pressi dell’aeroporto di Tripoli, sede dei principali combattimenti di questa settimana. La stampa locale ha pubblicato fotografie che ritraggono i migranti fuggire. Una tragedia, per queste persone, di cui non si vede la fine.

Al centro della contesa vi è, ovviamente, la Libia con il suo territorio ricco di risorse e di materie prime, gas e petrolio.
Dopo la caduta di Muhammar Gheddafi, avvenuta nel 2011, ad opera dei francesi, la Libia è piombata nel caos. Centinaia di gruppi e tribù, che prima erano tenute sotto stretto controllo dal Dittatore, si sono rivoltate e, sostenute ufficiosamente dai governi europei, hanno dato il via a una guerra civile che sembra non cessare mai. All’interno di questo caos, ha trovato linfa vitale il commercio del greggio europeo: basti pensare che ENI, la più importante azienda energetica italiana, è stata l’unica società internazionale capace di produrre e distribuire petrolio e che, nel frattempo, la Total (principale azienda energetica francese) dalla scorsa primavera ha ripreso ad espandersi sul territorio libico, acquistando società per la produzione di greggio.

La situazione libica è evidentemente una questione europea; non a caso il 29 Maggio scorso Macron organizzò a Parigi un incontro (escludendo l’Italia) con i due principali leader libici, Serraj e Haftar, nel quale si decise di indire nuove elezioni per il 10 Dicembre. Immaginare elezioni democratiche in un paese dove predominano da anni interessi così importanti è assai difficile, ogni contendente vuole la sua fetta di torta. Quindi nemmeno la prospettiva di elezioni, più o meno democratiche, ha posto fine alla guerra.

Sulla questione libica ci sono poche certezze. Probabilmente solo due: la guerra civile avrà termine quando tutti i governi occidentali avranno trovato un intesa per assicurasi la protezione dei loro interessi economici; e, in ultimo, in Libia non comandano i libici. Anzi, la popolazione vale, come al solito e come sempre, un cazzo di niente.