Le minoranze di governo lo faranno cadere?

Leggiamo da mesi, praticamente fin da prima dell’insediamento, articoli sulla possibile tenuta del Governo gialloverde. Il risultato delle urne, lo scorso 4 marzo, ha definito una voltà popolare inequivocabile: la gestione del pubblico, in tutte le sue forme (tasse, scuola, politiche del lavoro ecc.), non funzionava.

Alla stesura del cosiddetto «contratto di Governo» tutti si sono, anche giustamente, concentrati sui punti che non sono stati neanche sfiorati o che sono stati esposti in maniera molto generale; è facile dire che sui temi su cui non si è d’accordo non si intraprenderanno iniziative legislative o governative, ma parte di questi vanno e andranno necessariamente affrontate. Preoccupazioni che, per ora, si sono rivelate fondate, visti anche i numerosi «valuteremo» pronunciati da Conte nella conferenza stampa indetta a Palazzo Chigi prima delle vacanze estive.

L’impressione è che ci sia una minoranza, sia da una parte sia dall’altra, pronta a prendere il ruolo di opposizione, vista soprattutto l’inconcludenza delle reali minoranze in Parlamento che sembrano, per il momento, abdicare al loro ruolo.

Sull’immigrazione il programma del Movimento era orientato alla trasparenza e al miglioramento dell’accoglienza, con le proposte che poi Conte aveva portato al vertice europeo di fine giugno, restando praticamente inascoltato dagli altri Paesi. Così si è passati alla linea dura, che nel contratto di Governo non era prevista, in cui l’argomento era descritto, appunto, molto alla larga senza entrare nei dettagli delle soluzioni. Visti i sondaggi il Governo avrà optato per la soluzione che è sotto gli occhi di tutti, scontentando una parte del Movimento, a cominciare dal Presidente della Camera Fico. Il movimento intero, invece, si sta letteralmente sostituendo al PD nel contrastare la linea di Orbàn, che ha incontrato Salvini pochi giorni fa, e dei paesi Visegrad, minacciando di togliere fondi a chi non accoglie. La situazione, a ogni modo, è in evoluzione. Abbiamo visto altre reazioni del Movimento dopo le uscite personali dei Ministri Fontana (su unioni civili) e Bussetti (sulla buona scuola), su questioni nemmeno citate nel programma.

Guardando in zona Lega invece, la vecchia guardia sta cercando di fare pressione su alcuni temi per mantenere le cose così come stanno. Anche la base, peraltro, su questi argomenti sembra dividersi. Si pensi ai polveroni sollevati dal crollo del Ponte Morandi, con conseguenti prese di posizione su grandi opere e sulle relative concessioni. Durissimo, ad esempio, l’attacco di Berti, m5s, a Zaia sulla Pedemontana veneta. Come pure sono evidenti le divergenze su Tav e Tap. Probabilmente questa corrente leghista, meno statalista dei neoentrati, è più legata al liberismo portato avanti da Berlusconi. Anche sul taglio alle pensioni d’oro, descritto nel contratto, ci sono stati malumori leghisti, con Salvini che ieri ha dovuto riportare sul punto i suoi, dichiarando di voler rispettare gli accordi.

In futuro non si sa cosa possa accadere: ci si domanda se i due partiti troveranno un punto di equilibrio anche sui temi più importanti, se le battaglie economiche in comune saranno sufficienti a superare altre divergenze o se invece, proprio su questi temi, la maggioranza verrà a mancare, con il rischio, in caso di fallimento, di essere scaricati dall’opinione pubblica, che chiede un cambiamento radicale su tutti i temi in ballo.