Mi prese alla sprovvista, sfiorandomi la mano

Mi prese alla sprovvista. Quella volta.
Ricordo bene tempo fa, quando la mia giovinezza era ancora sporca di ingenuità, la prima volta che l’amore mi sfiorò la mano. Letteralmente.
Si parla sempre di amore: nei libri, nei film, nelle canzoni. Amore. Amore. Amore ovunque.
Sto camminando per il lungo lago della mia città. L’aria è tiepida perché l’estate sta già soffiando sulla nostra pelle col suo alito profumato. Gli odori si sovrappongono e intrecciano formando un aroma delizioso: una base lacustre, una spruzzata di gelso e punte di asfalto caldo. Non guardo davanti a me, come sempre. Ma lascio che la mia testa giri libera a trecentosessanta gradi. Spesso mi fermo, e guardo indietro. Come se avessi paura di non essermi resa conto di aver perso qualcosa. O come se volessi vedere la mia ombra che rimane indietro, ad osservarmi da lontano come si guardano due amici che non si vedono da tanto tempo, e non possono toccarsi. Ammiro il paesaggio e penso che quasi quasi mi piacerebbe che piovesse tra un po’, così il profumo di pioggia estiva sull’asfalto darebbe ai miei sensi il torpore di quell’odore forte che, appena compare, sovrasta tutti gli altri. A molti non piace, per me è delizioso. Mi ricorda l’infanzia è ormai l’ho associato a tanti bei ricordi, emblema dell’estate. La mia stagione preferita.
Ora ecco. Lo sguardo mi si è incastrato. Dove è finito?
Poi lo trovo proprio lì, tra le labbra di un uomo e una donna, di mezza età. che si baciano in mezzo alla piazza. le loro mani sono intrecciate.
Come se, essendo i loro occhi chiusi, volessero sostituirne il ruolo.
Lo sguardo tra le loro labbra, il mio respiro su quelle mani una dentro l’altra. Sbrano delle creature con vita propria.
Le mani sono una parte del corpo straordinaria. Sensibile, bella. Con le mani si può creare, comunicare. Anche fare l’amore.
Non riesco a distogliere lo sguardo, potrei sforzarmi perché se mi vedessero sarebbe inopportuno. Ma tanto so, che per quel che stanno vivendo in questo momento, non si preoccuperebbero mai del mio osservare incantata.
Forse sono invidiosa. Delle loro mani legate, soprattutto. Ancora si può essere capaci di amarsi anche dopo tanti anni. Magari il loro è un amore appena sbocciato, come due ragazzini al liceo. O forse semplicemente sono riusciti a tenerlo in vita fino ad adesso. Dentro di me gioisco, per me queste immagini rare di amore sono pura linfa vitale: ho bisogno di segni che mi indichino che esiste ancora, l’amore.
Come me, quando ero al liceo.
E mi rivedo camminare per questa stessa piazza saltellando leggiadra sulla punta dell’emozione e dell’imbarazzo. Perché facevo imbarazzo alla vita, da quanto eri bella di felicità.
È incredibile, mi dico.
Ora fisso le loro mani, e ricordo perfettamente… Quando anche a me, quel tocco caldo mi fece scorrere una scarica di corrente elettrica nella spina dorsale.
Quando al cinema lui me la strinse, la mano. E attraverso di lei prese tutta me stessa. Ma non subito.
Prima il tocco quasi impercettibile. Poi dopo il primo polpastrello anche le altri dita presero posto tra le nocche della mia mano fino all’intero contatti del palmo. Fu uno spasmo al cuore. Come se in essa fossero radunati tutti i sensi e le connessioni del mio intero corpo. Attraverso di lei, mi stava già toccando dappertutto.
Solo mani. E io mi sentivo morire dentro. Neanche fossimo nudi uno di fronte all’altra.
Che cose grandi che può fare l’amore.
Guardo questi due essere umani che se ne fregano di tutto, perché amarsi rende sfacciati.
Io, che sono una piccola osservatrice.
Mi innamoro dell’amore ogni volta che ne vedi un po’ in giro. E lo raccolgo come si fa creando una piccola conca con le mani, per bere un po d’acqua. E mi disseto, mi rinfresco il viso.
In arabo c’è una parola precisa che descrive questo gesto: goufra.
Straordinario vero?
Adesso si sono staccati. Mi siedo a fumarmi una sigaretta.
Mi sfioro un dito con l’altra mano, è quasi un tremito mi fugge via… Che mi innamorai dell’amore questo già lo so.
Forse potrei innamorarmi anche di me stessa.