Nei panni di Kevin Spacey (e di tutti gli altri)

Ci troviamo in pieno uragano di rivelazioni raccapriccianti relative a stupri e molestie consumatisi nel patinato mondo dello spettacolo. Inizialmente abbattutosi sugli Stati Uniti con l’arcinoto caso del produttore Harvey Weinstein ritenuto colpevole da parte di numerose star (tra cui anche la nostrana Asia Argento) di vere e proprie violenze sessuali perpetratesi nel corso di provini, questo tornado, nel momento in cui pareva starsi mutando in una poco più lieve tempesta tropicale, ha incrementato il suo impatto coinvolgendo altri nomi altisonanti del cinema internazionale.
E’ notizia di pochi giorni fa, infatti, che anche gli attori Dustin Hoffman e Kevin Spacey sono rimasti coinvolti in questo squallido, ma, francamente, non del tutto inaspettato scandalo. Secondo quanto emerso, il primo avrebbe tenuto questi comportamenti irriguardosi nei confronti di una giovane stagista nel 1985 e, in seguito, nel 1991 ai danni di un’autrice. Il protagonista di «House of Cards», invece, è stato additato per lo stesso irrispettoso atteggiamento dapprima da un uomo a cui avrebbe rivolto delle pesanti avances quando costui aveva solamente quattordici anni e la star già ventisei ( l’accusato ha così deciso di fare coming-out, come se l’omosessualità attenuasse la gravità di un abuso). Successivamente, si è unita alle accuse la troupe della nota serie TV, la quale è arrivata al punto di annunciare che non verranno girate nuove stagioni, proprio in relazione ai fatti incresciosi che si sono verificati (però prima che si andassero diffondendo andava tutto bene).  Inoltre, Netflix ha ritenuto di sospendere l’uscita di «Gore», film prodotto e interpretato da Spacey.
Insomma, come già successo per Weinstein, il quale si è visto abbandonare, lavorativamente e non, da tutto l’ambiente cinematografico, questo famoso personaggio sta già pagando le conseguenze delle condotte vergognose che gli sono imputate. Soffermiamoci, tuttavia, su un aspetto che probabilmente pochi hanno calcolato. Infatti, noi abbiamo appreso dai giornali di questi sgradevoli episodi; le accuse, però, non sono state mosse in un commissariato di polizia, non ci si è trasferiti in un’aula di tribunale con Hoffman e tutti gli altri in gabbia, non abbiamo sottomano la sentenza emessa da un giudice. Questo non significa che uno strupro o una molestia siano tali solo se un collegio giudicante attesta la colpevolezza dell’autore del delitto, ma implica il fatto che dobbiamo adoperare cautela (molta!) quando ci riferiamo a una persona che viene additata per aver commesso un reato, specialmente se così drammatico come quelli di natura sessuale, proprio come si deve il massimo rispetto a chi sostiene di averlo subito.
Abbiamo solo preso spunto da questi recenti episodi, ma lo stesso ragionamento è estendibile a ogni caso di cronaca. Il punto è sempre: fino a prova contraria. Prima di macchiare per sempre la reputazione e, dunque, l’esistenza di un essere umano ci vogliono prove documentate. Sempre. Altrimenti, come raccontammo a inizio anno, rischiamo di infamare degli innocenti che per riabilitarsi di fronte alla società dovranno fare una fatica immane.