Perché nessuno ha diritto ai propri grafici?

«Il mondo dell’informazione italiano è qualche cosa di aberrante. Voi non potete avere un’idea del grado di menzogna fattuale e pervasiva in ogni singolo intervento che si occupi di realtà economica. Tutti hanno diritto alla loro opinione ma nessuno ha diritto ai propri dati!».

Questa frase è stata pronunciata dall’economista Alberto Bagnai, ora senatore tra gli scranni della Lega. Già da anni, tuttavia, egli è coinvolto nel dibattito pubblico ed è costretto a rapportarsi con innumerevoli soggetti, che siano essi politici o giornalisti, dediti a sostenere qualsivoglia tesi prive di un riscontro in termini oggettivi, ossia senza supportare la propria opinione con dei numeri alla mano. Se al Professore questa modalità inconsistente e fuorviante è balzata all’occhio da tempo, quasi nessuno, ancora oggi, se ne preoccupa. Infatti, è ormai consueto disperarsi per la divulgazione delle cosiddette fake news, ma è difficile trovare qualcuno che critichi il fatto che gli ospiti di una trasmissione di approfondimento politico sbandierano le proprie convinzioni senza presentare alcun grafico. Che poi, anche in questo caso, spesso si tratta proprio di notizie mendaci che vengono diffuse.

Se l’andazzo di coloro che sono deputati alla divulgazione di corrette informazioni è questo, inevitabilmente il suddetto modus operandi si espande su tutta la società e certamente non aiuta a superare quella che pare la nuova patologia del secolo, l’analfabetismo funzionale. Ciò altro non è che l’esito di decenni di graduale impoverimento dell’istruzione pubblica e di un approccio superficiale alle grandi questioni da parte di giornali e televisioni. I lettori e i telespettatori sono trattati come emeriti imbecilli, incapaci di comprendere, ad esempio, degli andamenti macroeconomici: tutto viene, così, semplificato e distorto, atrofizzando progressivamente il cervello e facendo passare il messaggio che quelli non sono argomenti per il popolo, ergo devono essere concessi alla disponibilità esclusiva degli esperti.

Facilmente, di conseguenza, ci si imbatte in persone che portano avanti un’idea senza immaginare nemmeno quali siano i dati reali relativi a quella problematica, perché quell’idea è stata in loro inglobata senza che questi fossero allegati e, da qui, è nato il pensiero che bastasse essere dialetticamente convincenti e portatori di valori universalmente condivisi per avvalorarla. Poniamo come caso di specie le  aggressioni razziste che, recentemente, sembrano essere cresciute a dismisura. Al momento, in soli due mesi, pare ne siano state messe a punto più di 30, anche se il movente razziale, in molti episodi, non è ancora stato confermato, ergo questa cifra potrebbe variare. Buona parte dell’opinione pubblica non ha esitato ad attribuire la responsabilità al nuovo esecutivo, dipingendo, in particolare il Ministro Salvini, come un pericoloso fomentatore d’odio. Quest’analisi, tuttavia, risulta piuttosto frettolosa ed approssimativa, se si va a considerare il seguente grafico (fonte: Osce):

 

Allora, alla luce di questo, o dovremmo affermare che anche il Governo a guida Renzi aveva una forte matrice xenofoba o ci tocca constatare che le cause scatenanti di questo fenomeno sono ben più complesse da ricostruire e gettarsi in un’analisi scevra da dati non porta da nessuna parte.

Un altro avvenimento di questo periodo che può servire ai fini di questa riflessione è la morte dell’amministratore delegato di FCA, Sergio Marchionne. Il manager, ancor prima che spirasse, è stato osannato e ricoperto d’alloro per la magnifica impresa riuscitagli, ossia far balzare alle stelle il profitto dell’ex Fiat, scongiurando un fallimento che sembrava quasi inevitabile. Egli è stato dipinto come un benefattore anche per il nostro Paese, ma basta andare a sbirciare il seguente grafico per acclarare che in Italia ha fatto tutt’altro che bene. Peccato che nessuno abbia avuto il coraggio di mostrare questi numeri platealmente.

In conclusione, per far emergere come la mancanza di un approccio corretto ai dati sia manipolativa, riportiamo, per l’ennesima volta su questo blog, il grafico che ognuno di noi dovrebbe aver stampato in casa per ricordare a se stesso che non è un parassita dello stato che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità come la narrazione prevalente vuol farci credere:

 

Immediatamente, tutte le favolette sul debito pubblico esorbitante causato dagli sprechi della macchina statale si dissolvono lasciando spazio alla consapevolezza che, per via del Divorzio tra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro, siamo finiti in mano agli speculatori esteri, così il deficit è esponenzialmente lievitato.