No, il Governo non cadrà dopo le Europee

Gli schiaffoni che Lega e 5 stelle si stanno lanciando da alcune settimane per molti sono segno della crisi di governo che deflagrerà dopo le imminenti elezioni europee. Ma siamo sicuri che le cose stiano davvero così? Sicuramente le elezioni tradurranno concretamente ciò che i sondaggi elettorali ormai registrano da mesi, cioè la forte crescita della Lega che si attesterà primo partito con un certo distacco dai pentastellati, ma è più probabile che dopo di esse il Governo si ricompatti piuttosto che frantumarsi. Finita la schermaglia elettorale in cui entrambi i partiti cercano di prevalere uno sull’altro vi saranno meno motivi per litigare e più ragioni per trovare accordi e mediazioni, sebbene cambieranno i rapporti di forza.

Litigi che nascono soprattutto dal fatto che Di Maio ha capito che per ottenere un buon risultato alle elezioni europee (cioè un dignitoso secondo posto, con Salvini primo ma non in fuga) deve spostarsi a sinistra. Già ben prima della nascita del Governo, per mesi ha provato a contrastare Salvini sul suo terreno, cioè a spararle più grosse, fallendo miseramente (come quando volle mettere in stato d’accusa Mattarella) e non capendo che invece lui doveva rappresentare un’alternativa. Forse la svolta c’è stata quando i sondaggi han dato il PD sopra i 5 stelle, e quando fai peggio del PD vuol proprio dire che non ne stai imbroccando una.

Questo spostamento a sinistra però non significherà mai che in futuro potrà esistere un’alleanza 5S-PD come qualche giornale di destra va affermando, nonostante ci sia qualche grillino che preferirebbe un’alleanza simile rispetto a quell’attuale (Fico). Piuttosto si può accusare Di Maio del fatto che questo spostamento a sinistra sia finto, ma non è detto che per sopravvivenza politica alla fin fine sarà costretto a spostarsi sul serio, anche perché i delusi di sinistra sono un bacino immenso di voti.

Da segnalare, però, come in questa campagna siano emersi, ancora una volta, i più grandi difetti dei due partiti dell’esecutivo. Nei pentastellati il giustizialismo: si fa riferimento al caso Siri ovviamente. Egli certamente non gode della simpatia di chi scrive e più sta lontano dal governo meglio è, ma non è giusto che un sottosegretario o ministro debba dimettersi senza che vi sia una prova evidente della sua colpevolezza (come c’era nel caso De Vito). Ciò significa mettere la politica nelle mani del potere giudiziario.

Nella Lega il linguaggio pericoloso e il continuo ammiccamento all’estrema destra fascista. Salvini non può liquidare la festa della liberazione come un derby tra fascisti e comunisti. Non può perché un ministro della Repubblica dovrebbe essere orgogliosamente antifascista avendo giurato sulla costituzione. No può perché la sua è una banalizzazione e falsificazione (molti antifascisti non erano affatto comunisti, tanto per dirne una). Non può perché la liberazione non dovrebbe essere vista come qualcosa di passato che non ci riguarda più ma andrebbe vissuta nel presente come una battaglia contro l’ingiustizia che si combatte, nel rispetto della democrazia, giorno per giorno. Cosa che però anche certi antifascisti dovrebbero imparare.