«Le notti bianche» di Dostoevskij: vivere l’illusione

«Le notti bianche», capolavoro giovanile di Fedor Dostoevskij, viene pubblicato per la prima volta nel 1848 e revisionato poi nel 1859. Un romanzo profondo e introspettivo, nel quale i protagonisti si rivelano in tutte le loro paure, ansie, debolezze e nei loro sogni. Ambientato a San Pietroburgo, i personaggi sono due: un giovane e solitario sognatore e una ragazza giovanissima di nome Nasten’ka. Il Sognatore è un uomo cupo, misterioso e solitario; completamente escluso dai rapporti sociali di vita quotidiana, si chiude all’interno della sua casa ed esce solo per fare lunghe passeggiate di notte, immerso nel suo consapevole disagio e nei propri sogni. Proprio in una di queste notti, la sua attenzione viene attirata da una ragazza in lacrime, Nasten’ka. L’incontro, così casuale, con questa giovanissima ragazza sarà fondamentale al Sognatore per raccontarsi e scoprire nuovi sentimenti. Tra il Sognatore e Nasten’ka nasce un rapporto intimo e confidenziale che tuttavia, per volere della ragazza, non sfocia mai in qualcosa di carnale. Una specie di amore platonico. La giovanissima, infatti, è innamorata di un altro uomo. Poco importa, però.
Il Sognatore e Nasten’ka hanno bisogno di parlarsi e trovarsi, per motivazioni dissimili, ma entrambi non possono fare a meno l’uno dell’altra. Il rapporto, infatti, è costruito su basi e scopi diversi: illusori e utopistici quelli del Sognatore e più pratici quelli della ragazza che, proprio tramite il Sognatore, ha la possibilità di arrivare a rintracciare il vero uomo di cui è innamorata.
Il carattere utopista del giovane viene proiettato anche nella relazione che instaura con Nasten’ka; però, come gli accade nella vita, l’idealizzazione si scontra con la dura realtà e il fallimento, per uno che non smette mai di sognare, è un duro colpo da digerire. E proprio dalla disfatta in amore, l’esistenza del Sognatore crollerà ulteriormente.
Dostoevskij, con questo romanzo, mette in risalto un ampio punto di vista sulla vita di uomo che sceglie, consapevolmente, di illudersi e di non accettare mai il mondo così com’è. Un po’ per paura e un po’ perché, per un idealista, accettare la realtà è sinonimo di una morte interiore troppo impegnativa da sostenere.