Un nuovo modo di concepire la reclusione

Cattivi per sempre?
Ornella Favero
Edizioni Gruppo Abele – 2017 – 14 euro

Nelle sezioni di Alta Sicurezza delle carceri ci sono i «mafiosi». Bisogna trattarli duramente – si dice – perché non c’è possibilità di recuperarli. Ornella Favero, fondatrice nel 1997 e direttrice della rivista Ristretti Orizzonti delle carceri di Padova e della Giudecca, si è immersa nell’ambiente dell’Alta Sicurezza visitando gli istituti, parlando con i detenuti, il personale e i familiari. La conclusione è impietosa: l’impostazione sottostante al regime di Alta Sicurezza è spesso crudele: «Non bisogna buttare via nessuno», per usare le parole di Agnese, figlia di Aldo Moro ucciso nel 1978 dalle Brigate Rosse. Quindi ben venga il progetto, quasi rivoluzionario, iniziato dodici anni fa, un progetto che unisce detenuti, studenti e insegnanti: se lo scopo primario di questi incontri era parlare delle carceri, di una realtà quasi sconosciuta alla società, si è presto visto che lo stimolo maggiore era la domanda fatta dai ragazzi ai detenuti: «Ma perché non ci avete pensato prima?». Quindi il progetto si è spostato su un altro piano: quante volte non ci abbiamo pensato prima, anche in situazioni che non portano al carcere?
Il carcere dev’essere sempre rieducativo, deve consentire al detenuto – una volta scontata la pena – di poter rientrare nella società; mentre troppo spesso la reclusione diventa una sorta di «punizione», quando non una risposta vera e propria a un bisogno di giustizia sociale e questo non può tradursi in un reinserimento. Cattivi per sempre? è una sorta di diario di viaggio, in cui l’Autrice propone una sintesi di grande efficacia e intensità di cosa significhi la rieducazione.
«È un vero peccato che impariamo le lezioni della vita solo quando non ci servono più», diceva Oscar Wilde, citato nell’Introduzione al volume. Ed è una massima assolutamente continente al ragionamento di fondo di questo libro: il detenuto, una volta scontata la pena e dopo aver avuto tempo e modo di riflettere su ciò che ha fatto, deve avere la possibilità di mettere in pratica quella lezione, mentre carceri inumane (e ergastolo ostativo) remano contro questo discorso di puro buon senso, perché – citando la Favero – «chi è in carcere sta facendo un’esperienza che non augurerebbe neanche al suo peggior nemico».