Ponte Morandi: 59 persone rinviate a giudizio

La Procura della Repubblica di Genova, venerdì 25 giugno, ha chiesto il rinvio a giudizio di 59 persone implicate nell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi nell’agosto 2018, il quale cagionò la morte di 43 persone. I reati contestati spaziano dall’omicidio colposo plurimo all’omicidio stradale e all’attentato alla sicurezza dei trasporti, oltre al crollo doloso, l’omissione d’atto d’ufficio e l’omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sul lavoro. 

L’inchiesta ha coinvolto fino a 71 persone giuridiche e fisiche, tre delle quali sono nel frattempo decedute.
La maggior parte degli imputati è rappresentata da dirigenti e tecnici di Aspi e di Spea, tra cui l’allora amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci, e l’ex numero uno della Spea, Antonino Galata, oltre a funzionari del Ministero delle Infrastrutture.

Ora spetta al giudice per l’udienza preliminare convocare, appunto, la prima udienza, la quale potrebbe celebrarsi già entro l’estate, con la conseguenza che l’eventuale inizio del processo vero e proprio potrebbe essere previsto per l’autunno.

Il 14 agosto 2018, col crollo del ponte autostradale Morandi e la dolorosa conta di chi perse la vita tra quelle macerie, si scoprirono tutto a un tratto le cattive condizioni di strade, ponti e ferrovie nel nostro Paese, dove le infrastrutture soffrono di un deficit cronico di manutenzione e investimenti, specialmente da quando sono affidate in concessione ai privati.

Purtroppo, il caso di Genova pare l’emblema di come questi doveri vengano trascurati per favorire un maggior profitto.
Lo si coglie con evidenza da quanto emerso finora tramite le indagini che hanno condotto a questi numerosi rinvii a giudizio.
Le conclusioni dell’inchiesta, rese note a fine aprile, sono infatti molto compromettenti per il gestore del viadotto, Autostrade per l’Italia (Aspi) e la società di ingegneria Spea, entrambe controllate da Atlantia e coinvolte nella vicenda giudiziaria.

«Tra l’inaugurazione (del ponte) nel 1967 e il crollo (cioè 51 anni), non sono stati effettuati minimi interventi di manutenzione per rinforzare i cavi di strallo del pilastro numero 9.
Dal 1982 il concessionario privato ha finanziato meno del 2% dei 24 milioni di euro dedicati agli interventi sulla struttura del viadotto, secondo gli inquirenti. I controlli di sicurezza nel corso degli anni sul ponte sono stati viziati e inadeguati». In particolare, i controlli visivi sulle strutture sono stati «eseguiti sistematicamente dal fondo del ponte, utilizzando binocoli o cannocchiali, e non a distanza ravvicinata, e non sono stati quindi in grado di fornire informazioni attendibili sulla situazione ponte» afferma il Pubblico Ministero.