La propaganda: le bufale che aiutano il Governo

C’era una volta un paese nel quale le battaglie politiche si combattevano in piazza, a colpi di slogan, proposte e dove si rispondeva ai propri elettori di ciò che si diceva, rischiando, per una uscita a vuoto o una frase mal formulata, di perdere la faccia.
Oggi invece, grazie alla rete e ai social network, si assiste ad una lotta senza quartiere tra social manager dei partiti, i quali sono costantemente all’opera per riuscire a creare il post perfetto, ossia il più virale possibile, spesso non curandosi affatto della veridicità o meno di quanto condiviso: una sorta di macchina della propaganda che per il suo funzionamento rimanda la memoria a tempi decisamente più bui.

Sicuramente le due compagini più attive in questo senso sono state quelle che siedono attualmente tra gli scranni del Governo; vuoi perché sono i due partiti più giovani, vuoi perché hanno capito prima degli altri che la rete paga in termini di consenso, Lega e Movimento 5 Stelle con il passare del tempo hanno messo in piedi una macchina social così potente ed espansa da far invidia ai più famosi bot russi.
Le due punte di diamante del sistema mediatico giallo-verde sono Rocco Casalino e Luca Morisi, personaggi in ombra e relativamente poco famosi, ma in grado di portare i propri partiti alla soglia del 30% dei consensi partendo da percentuali da prefisso telefonico.
Come hanno fatto?

Rapidità e sensazionalità sono le due chiavi di volta di questo organismo ombra dell’esecutivo.
Sono i primi a commentare ogni notizia di cronaca, i primi a condividere. Arrivano sulla quotidianità come falchi (o sciacalli?) e con una supercombo di prese di posizione, inflessibilità, uscite ipocrite e aura di inflessibilità trasformano l’esecutivo in una sorta di supereroe che arriva sull’obiettivo ancor prima che possano pensarci gli organi giudiziari.
Emblematica in questo caso fu la vicenda del ponte Morandi di Genova, quando, senza aspettare alcuna indagine, grillini e leghisti individuarono un colpevole ( i Benetton ) e trovarono una soluzione (Autostrade per l’Italia fuori dalla gara per la ricostruzione ma finanziatore totale della nuova opera).
Poco importò agli italiani che dopo si scoprì che in realtà la ricostruzione la pagheranno i contribuenti e che Autostrade potrà partecipare alla gara d’appalto, perché tanto la macchina della propaganda aveva già colpito, rendendo l’esecutivo implacabile e imperturbabile agli occhi di chi non sa vedere.

Il problema peggiore, però, nasce quando questi personaggi riescono a lucrare in termini di consenso su tragedie tristissime e vicende di cronaca molto sentite.
Ultima in questo senso, l’esternazione di sdegno sotto forma di tweet di Luca Morisi (Lega), il quale ha condiviso un post titolato a caratteri cubitali «FOLLIA DI SINISTRA», in cui sosteneva che un tal Armando Schiaffini avrebbe detto che gli assassini della povera Desirèe Mariottini sarebbero stati da comprendere in quanto «depressi a causa di razzismo».

Poco è importato al social manager leghista che il tweet fosse un fake, una falsità, poiché in un contesto di orwelliana memoria come quello italiano del giorno d’oggi, dove un lettore su tre non va oltre al titolo, l’obiettivo è quello di creare sdegno, di screditare il nemico politico accaparrandosi intanto il consenso dei cittadini e non è importante che si dica il vero: ciò che conta è arrivare all’obiettivo.
In questo caso, ad esempio, l’accostamento delle parole «follia di sinistra» all’omicidio della ragazza serve chiaramente a porre l’accento su presunte (e false) giustificazioni dell’ambiente dem a un omicidio tanto efferato quanto scioccante.
Se vi state chiedendo, come sarebbe giusto, se Morisi abbia ritrattato, o chiesto scusa, rimarrete delusi, la risposta è un secco no.

Non crediate poi che tal Morisi sia solo un piccolo politicante di poco conto. Sebbene  sia sconosciuto ai più, è la mente mediatica della Lega, uno degli uomini più influenti (e nascosti) d’Italia, nonché quello che più di tutti posta video sul web di reati commessi da stranieri.
Altro esempio degno di nota fu quello che riguardava la presunta protesta di alcuni richiedenti asilo risiedenti a Verona, i quali, si diceva, scesero in piazza perchè esigevano di vedere Sky.
Tutto inventato, ma tutto condiviso da Morisi & co.

Anche il M5S pare trovarsi a suo agio nei contenuti sociali e nella condivisione degli stessi.
Le pagine Facebook riconducibili direttamente e non al partito di Di Maio, sarebbero circa 2600, tra le quali alcune capaci di sviluppare seguiti superiori anche alle migliori testate giornalistiche ufficiali.
Una delle ultime fake news condivisa da una di queste pagine, mostrava un video in cui Dijsselbloem, odiato burocrata europeista olandese, pareva sostenere una macchinazione politico-economica della Commissione Europea volta a un colpo di stato in Italia portato avanti a colpi di spread.
Si è in seguito scoperto esseee tutto falso e abilmente inventato, ma ciononostante condiviso dalla pagina ufficiale del Movimento e da milioni di utenti ignari e furibondi.

Concludendo, la pericolosità di questi strumenti dovrebbe essere evidente a tutti oramai, eppure ancora molti italiani si trovano nella condizione di condividere post palesemente falsi e così facendo a contribuire a quella che a tutti gli effetti possiamo considerare un’ ondata di odio senza precedenti, nella storia (repubblicana, è bene sottolinearlo) di questo Paese.
Non si dovrebbe mai dimenticare l’importanza della propaganda politica e di cosa ha causato in tempi nemmeno troppo lontani, perché chi dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo.