Processo al liceo classico

Quando si parla di limiti della scuola italiana, sotto accusa è spesso il liceo classico, protagonista in questi giorni di un vero «processo», organizzato dalla Fondazione San Paolo al Teatro Carignano di Torino.
Sono sempre stata orgogliosissima della mia maturità scientifica e nemmeno i due anni passati da docente di scienze nel più prestigioso liceo classico della mia città ha scalfito la mia convinzione che il mio diploma sia il migliore. Cosa ricordo del classico? Un ambiente estremamente competitivo e a volte stressante per gli studenti, colleghi con la puzza sotto il naso e un evidente complesso di superiorità, la preoccupazione diffusa perché i ragazzi licenziati avevano poi parecchie difficoltà a superare i test di accesso a medicina e alle facoltà scientifiche. Secondo alcuni la formazione classica è la più completa, soprattutto per il peso che viene dato alla filosofia, ritenuta la materia più importante per il salto nell’età matura, ma la verità è che non offre più gli strumenti migliori per avere successo nella vita, anzi risulta piuttosto inefficace.
La crisi del liceo classico è però nei fatti: solo il 6% dei diplomati alle medie vi si iscrive, mentre il liceo più gettonato è lo scientifico, scelto dal 15%. La verità è che al classico si insegna un modello del mondo in cui, anzitutto, contano lo status ricevuto, la retorica nell’arena publica, il saper argomentare la propria posizione e non contano i fatti. Un modello del mondo in cui l’efficienza ed il cambiamento devono sempre cedere il posto alla tradizione ed in cui la logica (che, va detto, è matematica) è secondaria all’opinione e all’argomentare. Bisogna forse avere il coraggio di dire che i classici antichi sono di questi tempi un lusso mentre l’informatica, la contabilità, le nozioni base di fisica, chimica, ingegneria meccanica ed elettrica sono oggi una necessità. Naturalmente, le scuole di élite ci vogliono, non serve la scuola uguale per tutti e non è nemmeno possibile. Ma la scuola d’élite forma le élite e queste , dovendo guidare il paese nel mondo di ora e non in quello passato, è bene conoscano il mondo odierno (e le lingue che vi si parlano), le regole che lo governano, le scienze e le tecniche che lo reggono. E, soprattutto, ne acquisiscano la logica, il modello, la visione.
Ecco perché, nel liceo classico dove ho insegnato, dopo aver indotto fino a febbraio/marzo gli studenti a frequentare nel pomeriggio lezioni di greco moderno (!), teatro classico, poesia latina, costringendoli poi a studiare la sera, correvano ai ripari organizzando da aprile in poi corsi per aiutare i maturandi a superare i test di accesso all’università.
Tutto questo non vuol dire che il liceo classico debba essere abolito, ma che gli insegnamenti del greco e del latino dovrebbero essere aggiornati affiancandoli con quello di una lingua straniera nei cinque anni e migliorando le competenze matematiche. Certo, la strada potrebbe anche essere quella di un totale ripensamento dei cicli scolastici, ma questa è un’altra storia.

Zigulì

foto da corriereuniv.it
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