Se si restringe il suffragio, si rafforza l’élite

Dal 4 marzo, ma già in precedenza, nel corso dell’agguerrita campagna elettorale, una solfa ci ha accompagnati senza sosta: l’incombente pericolo del populismo causato dal voto scellerato degli ignoranti o, come tanto risulta alla moda di questi tempi, degli analfabeti funzionali.

Se, appunto, già in preparazione delle politiche, i toni si erano resi aspri, nel momento in cui si è concretizzato il tanto paventato rischio di collocazione dell’area anti-sistema tra gli scranni della maggioranza, si è giunti all’esplosione delle accuse di incapacità e di assenza di cultura.

Così, tra le compagini sconfitte, si è visto affiorare un sentimento che, a dir la verità, già aleggiava da tempo: l’avversità nei confronti del suffragio universale, ossia del diritto di partecipazione attiva e passiva  al voto di tutti i cittadini maggiorenni. I sostenitori di questa regressiva trovata, conferendosi da soli il patentino della democrazia che propongono di introdurre, si ergono a detentori esclusivi del potere di definire i rappresentanti del popolo intero, di fatto dimostrandosi contrari al concetto di democrazia, che sfumerebbe in un’oligarchia, a parer loro, illuminata dai cervelli più ossigenati d’Italia.

Se apparentemente questa soluzione può presentarsi di stampo conservatore e plutocratico, ergo una ricetta di destra, si constata che buona parte di chi la auspica proviene, invece, da quella pseudo-sinistra denominata Partito Democratico, rimarcando, per l’ennesima volta, la sua estraneità alle lotte rosse, fondate, all’opposto, soprattutto sul rafforzamento del potere delle classi più disagiate.

Per mettere in evidenza ancora di più, qualora vi fosse necessità di sottolineare un’ovvietà, il carattere elitario di questa proposta anacronistica è sufficiente riportare che, tra coloro che si dicono a questa favorevoli, si annovera, a livello internazionale, l’economista Dambisa Moyo, la quale vorrebbe introdurre il voto ponderato, sulla base del grado di istruzione e informazione dei cittadini. Non si comprende bene come questo possa essere misurato, dato che un titolo universitario attesta esclusivamente la preparazione in un determinato ambito e non l’erudizione globale del soggetto; per quanto concerne l’indice di informazione, si provvederebbe dunque al controllo massiccio di quali testate e siti ogni individuo consulta, ammettendo al voto solo i lettori di giornali approvati dalla censura statale? Questo scenario limitativo della libertà fa impressione solo a immaginarlo, ma, d’altronde, la Moyo è un’ex Goldman Sachs, quelli che prospettavano scenari raccapriccianti in caso di rigetto della riforma costituzionale renziana.

Ritornando nella sfera nostrana, è chiaro che sussiste una problematica riguardante la capacità di discernimento,  di comprensione e rielaborazione della realtà, essendo 1 italiano su 4 affetto da analfabetismo funzionale. Questo, tuttavia, non è un fenomeno autogeneratosi, ma la conseguenza di un impoverimento culturale che è passato attraverso l’assottigliamento delle risorse destinate al sistema didattico, un calo drastico del livello dell’informazione, sempre più basato su scambio di opinioni e non sull’analisi di dati e il progressivo disinteresse maturato dal popolo nei confronti della politica che non lo ascolta più, perdendo così ulteriormente il contatto con il funzionamento dell’assetto politico-economico.

Ciò, però, non giustifica l’andamento autocelebrativo dell’area liberista, la quale si considera estranea a questa decadenza, ritenendosi, al contrario, unica depositaria della sapienza. Non si sa sulla base di quali rilievi scientifici gli elettori e i governanti di partiti europeisti siano più intellettualmente sviluppati di un sovranista.

L’incapacità di lettura dei dati, infatti, colpisce in maniera trasversale. Ebbene sì, anche i votanti del Partito Democratico col ditino puntato contro gli stupidotti 5 stelle. La tabella qui sotto riportata, infatti, dimostra che la loro percezione è errata, dal momento che gli elettori pentastellati vantano un buon livello d’istruzione, addirittura superiore ai Dem.

Questa smania di restrizione del suffragio, alLa luce di queste considerazioni, si rivela uno strumento di mistificazione della realtà, con la volontà di dipingere con sfumature altamente deleterie gli oppositori dell’imperante sistema finanziario ed esaltando, d’altro canto, la fazione conservatrice dello status quo, conferendole una falsata apparenza di credibilità. Insomma, delegittimando il voto delle classi sociali meno abbienti e istruite non si fa che rinvigorire una ristretta cerchia elitaria.