Salvini sbaglia, ma nessuno può fargli la morale

Salvini riesce sempre a far parlare di sé. Sarà per il fatto che fa comodo ai giornali o forse, più semplicemente, perché le sue prese di posizione sono molto discutibili, ma non si ricorda un Ministro che sia stato così tanto al centro dell’attenzione, almeno nella storia più recente.

In questo gioco di poliziotto buono e poliziotto cattivo con i Cinque Stelle, lui continua a rilanciare le sue posizioni, invadendo talvolta gli ambiti di altri esponenti dell’esecutivo e non solo, in una sorta di delirio di onnipotenza. Si è visto l’ultima volta ieri, con un attacco che non ha eguali alla Magistratura, seppur ritrattato oggi. La filosofia del «Sono stato eletto e tutto mi è concesso perché il popolo è con me», in uno stato di diritto, non può esistere. Nei sondaggi, però, continua a salire, condividendo con gli esponenti M5S i fatti, ma non il modo con cui essi vengono annunciati e men che meno le polemiche gratuite su qualsiasi cosa. Bene ha fatto Di Maio a richiamarlo all’ordine nella nottata, facendogli correggere una linea che, secondo il Ministro della Giustizia Bonafede, avrebbe portato dritti alla Seconda Repubblica.

Eppure a soffermarci bene sulla vicenda, i migliori sostenitori di Salvini sono i suoi contestatori. Sul caso Diciotti, Salvini ha addirittura incassato un parziale appoggio da parte dell’Unione Europea, che a posteriori ha rinfacciato al Governo che i migranti sbarcati, affidati alla Caritas e poi scomparsi, «si dovevano trattenere», quantomeno per identificarli. In più le critiche arrivano da quei partiti di sinistra che a loro tempo, con i profughi albanesi dell’ormai ex Jugoslavia, avevano tenuto più o meno lo stesso comportamento: a Bari, nel 1991, erano stati trattenuti per giorni dall’allora Ministro Scotti del governo Andreotti VII (DC-PSI) prima su una nave e poi dentro lo stadio, senza possibilità di uscita; inoltre, dopo essere stati distribuiti in varie città italiane per essere identificati, parte di loro venne addirittura rimandata indietro, al paese d’origine. Certamente sono passati molti anni ed è giusto lasciare lavorare la Magistratura, ma proprio per questo le polemiche politiche risultano puramente strumentali, sia dall’opposizione verso Salvini sia da Salvini verso i Procuratori.

La stessa questione vale per i fondi ai partiti. È sacrosanto sostenere che i famosi 49 milioni definiti dalla sentenza debbano essere restituiti, ma se le critiche arrivano da chi, negli anni, ne ha usati 107 per ripianare i conti del giornale di partito (poi inevitabilmente fallito nonostante l’aiuto) diventano quasi una barzelletta.

Gli unici a poter sostenere una posizione a favore della magistratura rimangono i pentastellati, se non altro per la loro ancora giovane vita che li ha resi immuni da scandali passati, anche se il fatto di aver stretto un’alleanza proprio con Salvini non li mette nella condizione di aver ragione. La strategia potrebbe essere quella di agire dall’interno per smorzare i toni inadatti di Salvini, con diplomazia e senza cercare lo scontro. Certo che, se questa situazione dovesse continuare a lungo senza trovare un equilibrio, la tenuta del Governo sarebbe messa a dura prova.