Ricordi: la scrittura è nata da un «muro»

I nostri errori
Nel
Mi manca Mentana di ieri, affermavamo che Aurora Ramazzotti fosse a x-Factor per cantare e non per presentare. Ci scusiamo con la diretta interessata e con i lettori. Abbiamo nel frattempo già corretto l’articolo.

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Non ricordo esattamente il giorno in cui scoprii che c’erano altri cantanti oltre a Gianni ed Eros, ricordo che fu un trauma maggiore della non esistenza di Babbo Natale. Insomma, fino ad allora ascoltavo Banane e lampone e C’era un ragazzo (senza capire il senso di nessuna delle due) ed ero felice. Che bisogno c’era di altri cantanti? Andavo in prima elementare quando sono stata al concerto di Gianni Morandi, fantastico: lui mi ha toccato la testa. A quei tempi facevamo le A coi salsicciotti di pongo, poi la maestra ha cominciato a dettarci delle poesie. Avevo una grafia pessima e non riuscivo mai a far stare tutto il verso nella stessa riga, l’insegnante di sostegno che pure mi voleva un bene dell’anima doveva per forza farlo sapere a tutti. Oggi sono in piena regressione infantile, portate pazienza. Alla gran parte dei miei compagni piaceva il dettato, ma a me no: io volevo creare qualcosa. Il dettato era brutto, rimanevo sempre indietro, ma ricordavo comunque ogni frase. Per tre settimane, tutta la classe lavorò a una storia su un castello, eravamo divisi in gruppi di tre e il mio gruppo era sempre quello che finiva per ultimo perché «Maestra, la Cecilia sta ancora scrivendo». Ci tenevo un sacco a quella storia e mi sono dispiaciuta che avesse già un finale prestabilito. Avevo completamente rimosso questi fatti, li fisso qui, prima che scompaiano di nuovo in qualche angolo della mente. Poi ho scritto una presa in giro sulle Barbie e un piccolo quadernetto che conteneva una storia stupida, riguardante un cane che andava a un quiz televisivo, e l’ho portato a scuola al posto del libro che avevamo letto durante l’estate. Ricordo che avevo sbagliato la numerazione delle pagine.
Ho sempre creduto nel potere delle parole.
Poi è capitato, improvvisamente, in quinta elementare, è stato come se mi rendessi conto di essere fisicamente «diversa», «sbagliata», ho deciso che non potevo più giocare con gli altri ragazzini, ho eretto un muro fra «me» e «loro». Allora ho scritto meglio, anche se mi è comparsa quella vena di tristezza che non smette di pulsare. Un giorno, quando il muro sarà del tutto distrutto, sarò di nuovo in grado di scrivere storie di cani che rispondano però alle domande degli altri.