Tesla ha problemi in borsa

Elon Musk è un genio. Così almeno pensavano tutti fino a qualche mese fa. L’investitore, che è entrato in Tesla un anno dopo la sua fondazione e che oggi detiene il 21% delle azioni, sta perdendo credibilità negli ultimi tempi, dopo che la quotazione in borsa ha iniziato a perdere percentuali significative. Ma andiamo con ordine.
La sede principale di Tesla è in California, dove è nata nel 2003. Fin dalla prima auto progettata, la Tesla Roadster (nel 2008), il pubblico a cui si rivolgeva era di nicchia; non è una novità, molte aziende ad alto fattore innovativo prendono inizialmente questa strada per rientrare dagli ingenti investimenti iniziali senza aprirsi al grande pubblico.
Successivamente l’azienda è cresciuta, producendo nuovi modelli di auto (Model X e Model 3 su tutte) che riscuotono successo grazie anche alla rete di ricarica Supercharge, che inizia a coprire sempre più territorio, e aprendosi sempre di più al mercato europeo. La centrale di progettazione è rimasta in California, ma è stata aperta una sede di assemblaggio a Tilburg, in Olanda, a settembre 2015. Inoltre si è introdotta nei nuovi mercati dell’energia rinnovabile e degli accumulatori di energia. Complice questa crescita piuttosto veloce, che ha incuriosito tutto il mondo delle auto, Tesla ha iniziato a volare in Borsa, specialmente dopo il lancio della Model 3, con previsioni rosee.
La prima metà del 2017, con una crescita del 50% rispetto a inizio anno, ha permesso al gruppo di arrivare al massimo mai registrato, mettendo al palo anche le altre case automobilistiche. Lo stesso Musk in quel momento, quasi profeticamente o forse per scaramanzia, aveva ammesso che l’attività aziendale era sopravvalutata.
Da lì a poco, infatti, le cose cambiano: le previsioni di vendita della Model 3 non vengono rispettate, gli ordinativi calano e iniziano i primi licenziamenti. La produzione è ferma a 260 Model 3 in un mese contro le 1500 a settimana che erano previste e Wagner, il responsabile dello sviluppo degli accumulatori elettrici, decide di abbandonare la nave. Nella seconda metà del 2017 il titolo perde più del 21%. Anche il nuovo camion elettrico non sfonda, la figuraccia è stata evitata (per ora) solo da un ordinativo di 100 esemplari da parte della Pepsi.
In questo momento tutti si interrogano, chiedendosi se Tesla sia una grande bolla o se siano movimenti di assestamento del mercato. In valori assoluti è una delle grandi aziende che ha perso di più nella storia. Per provare a uscire dall’empasse, si è provata la strada di una ricapitalizzazione di oltre 3 miliardi di euro.
Da inizio 2018 il titolo ha ricominciato a crescere, come le ordinazioni. La sensazione è che operando ancora in un settore di mercato piuttosto limitato, con un fascia di clienti d’élite e avendo una scarsa molteplicità di proposte, il titolo continuerà ad essere oggetto di oscillazioni. In particolare nel 2017 si è un po’ sgonfiato dopo una crescita poco giustificata. Insomma, Tesla deve trovare una fetta di mercato più ampia in cui inserirsi; quando lo farà, potremo realmente dire che sarà realmente competitiva a livello mondiale.