Scienza: nozioni come software nel cervello?

Il mese scorso, negli Hrl Laboratories della California, un gruppo di ricercatori ha fatto una scoperta sensazionale: è possibile velocizzare l’apprendimento tramite la stimolazione neurale transcranica a corrente continua. Ok, cerchiamo di capire meglio questi paroloni, nessuno è morto folgorato, tranquilli.

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La sperimentazione di Philips & Co. è stata condotta all’interno dello studio del comportamento di apprendimento nella simulazione di pilotaggio di un aereo. In sostanza mentre un gruppo di persone imparava a pilotare un aereo venivano inviati loro degli impulsi elettrici in zone mirate del cervello, per vedere se in questo modo l’apprendimento migliorasse. Good news: avevano ragione! Anche se i glossariotermini di applicazione della scoperta vanno definiti, potenzialmente da qui in avanti potremmo imparare molto meglio facendo meno sforzo.
Qualcuno già ha inneggiato alla chiusura delle scuole, alla rivelazione del secolo; in molti hanno rievocato un passaggio del film «Matrix», in cui il protagonista impara il kung fu grazie a una spina nel cervello che invia informazioni. Ma la domanda reale è: si possono davvero installare informazioni nel cervello?
Mi dispiace deludere tutti gli appassionati di tecnologia, ma non è di questo che si parla.
Non si tratta, infatti, di impiantare il sapere direttamente nella mente, così da eliminare lo sforzo di dover imparare, e di conseguenza tutti quegli istituti o organi deputati ad insegnare. Non possiamo ancora fare a meno degli istruttori di guida, degli insegnanti nelle scuole elementari, medie, superiori, nelle università, e chi più ne ha, più ne metta. Questo perché si parla di migliorare un metodo già esistente, non di sostituirlo. E se anche è possibile che in un futuro, chissà quanto lontano, nelle scuole vengano fatti indossare caschi di elettrodi alla Charles Xavier, è altrettanto plausibile che di fronte agli studenti ci sia ancora un professore o una professoressa. In un immaginario simile, è probabile, anche che quell’insegnante sia l’unico, poiché grazie alla maggior velocità di apprendimento egli stesso avrebbe ottenuto molte più nozioni in molti campi del sapere.
Ma si ragiona, appunto, di immaginazione; prima che tutto ciò possa realizzarsi bisognerà fare i conti con la politica, l’etica e l’economia. È davvero possibile che diminuiscano gli insegnati o che spariscano del tutto? Ma soprattutto, vogliamo che accada?

Debora Lupini