Volevo solo prendere un caffè e da 3 anni scrivo per la Voce

Caro Tito,
mi sembra impossibile che lasci la direzione del blog. Non è una simpatica burla? Come quella volta che hai scritto una lettera d’addio strappalacrime ai lettori e dopo tre giorni sei resuscitato come Gesù? Ti conosco abbastanza per sapere che questi paragoni ti piacciono. Sono tre anni e qualche mese che scrivo per la Voce (mi sento una sorta di socia fondatrice) e vorrei scusarmi se non sempre i miei articoli non sono sempre stati all’altezza, in fondo io non cercavo questo blog (io volevo solo prendere un caffè), il blog ha trovato me. E ormai non ne posso fare a meno: personaggi come Sarcasmo da Rotterdam sono parte di me.
Direttore, a volte mi chiamavi perché dovevo intervistare Gad Lerner o Luigi Di Maio (che non mi ha risposto) e altri e io devo confessarti che avevo il terrore del telefono, delle chiamate a voce. Prima di questa esperienza non chiamavo nemmeno per ordinare la pizza. Rischiavo di chiamare Leandro Barsotti e ordinargli una diavola, così per risparmiare una telefonata. Spesso non mi ritrovo in quello che scrivi, non totalmente, a volte sono proprio del parere opposto, ma rispondo solo se lo ritengo necessario. A tal proposito, me la sono presa troppo per la storia del referendum costituzionale, ma sono molto cresciuta da allora. Altre volte, invece, ti ho appoggiato in pieno, specie nella «lotta» anti-Bitonci. Penso ancora che il tuo articolo sull’addio di Massimo sia uno dei tuoi pezzi migliori; penso anche che tu abbia un gran futuro come giornalista rompicoglioni. Devo, però, avvisarti che non sempre steccare è giusto, a volte bisognerebbe scendere sulla Terra e cantare nel coro (solo se è importante e se la direttrice del coro è Suor Maria Claretta).
Come dimenticare quando mi hai difesa, mentre molti lettori pensavano che la mia iscrizione al Pd e il mio scrivere (di politica) nel blog fossero due cose incompatibili. E soprattutto come dimenticare il mio giorno migliore da autrice per la Voce: quando mi hai portata in braccio come un sacco di patate fin sotto il naso di Pier Luigi Bersani. Povero, è rimasto un po’ sconvolto.
In conclusione, mancherai a tutti come direttore, a me in particolare perché ho visto quasi nascere il blog. In passato ero più presente, ma non ho mai mollato e non intendo farlo ora. Tito, hai un carattere difficile e detesti Renzi di cui sono chiaramente innamorata (sto scherzando, ndr), ma ti vorrò sempre bene (non sto scherzando, ndr). Ti avevo promesso un serio incontro/scontro/intervista con la sottoscritta riguardo alla politica, ma io rimanderei a quando saremo più maturi. E tu sarai una delle penne più affilate del Fatto o avrai fondato un giornale tuo. E io sarò un sindaco/ parlamentare/presidente del mondo, anzi il tema del duello era proprio perché la gente dovrebbe votarmi. In realtà non sono sicura che ci sia la carriera politica nel mio futuro, ma è una possibilità.
Avevo scritto «in conclusione» circa settanta righe fa, ma davvero in conclusione, grazie Tito per il tuo lavoro passato e futuro.
Con affetto 
P.s.: Auguri per la nuova avventura, Gerarda. Purtroppo non ti conosco ancora bene, ma dopo Tito che cosa può esserci di peggio?
P.p.s.: parlo al tizio con cui volevo prendere un caffè a inizio 2014. Eri studente di mediazione linguistica (spero tu abbia finito dopo tutto questo tempo); io ero la ragazza che sfrecciava in carrozzina elettrica verso il Maldura, poi mi sono incagliata su un gradino, ti sei offerto di aiutarmi e ti ho snobbato. Se sei vivo batti un colpo. Vorrei ancora un caffè.