Vorresti sapere di che patologie soffrirai?

Il nostro DNA contiene tutte le informazioni necessarie alla vita. I prodotti da esso ottenuti, cioè le proteine, sono le molecole che determinano ogni funzione cellulare e quindi controllano l’organismo in toto.
La scoperta del DNA nel 1953 è stata una rivoluzione totale nel campo scientifico, ancora di più però l’invenzione della tecnica per decodificarlo da parte di Marshall nel 1965 e di Sanger nel 1977 ha completamente rinnovato il modo di vivere alcuni aspetti della biologia e della medicina.

Da allora sono state introdotte tecniche perfino più innovative, che al momento permettono praticamente a chiunque di sequenziare il proprio DNA: ormai con qualche centinaia di euro è possibile mandare un campione biologico a un’azienda privata dopo aver compilato dei moduli appositi e successivamente si possono ricevere tutte le informazioni sulla parte codificante del proprio patrimonio genetico, cioè i geni appunto. Va sottolineato che questa costituisce soltanto il 2% di tutto il DNA presente nel nucleo delle nostre cellule, ma per i mezzi conoscitivi e tecnologici attuali il restante 98% è impossibile da decriptare. I geni sono dunque una parte minima delle informazioni che ci portiamo dietro, il resto probabilmente ha funzione di regolazione (non è «spazzatura» come venne considerato inizialmente). Quindi, anche una volta ottenuta la sequenza del gene, è molto difficile interpretarla: bisogna capire che funzione ha quella determinata porzione e come la mutazione in questione potrebbe alterarla.

Spesso, con queste possibilità che possono essere prese anche in modo autonomo da un qualunque privato, privo di qualsiasi consulenza, si scoprono però alterazioni importanti. Per esempio, ci sono geni che non danno una patologia eclatante ma se alterati predispongono fortemente all’Alzheimer, oppure ai tumori. Oppure, per esempio, il soggetto può ritrovarsi davanti un referto che lo condanna con altissima probabilità a sviluppare la SLA.
Si pensa che tra qualche tempo ognuno avrà una chiavetta con i propri geni in formato digitale che potrà portare con sé a qualsiasi visita medica, in modo da poterli consultare clinicamente. Non è fantascienza: in alcune realtà, specialmente negli Stati Uniti, questo avviene già.

Gli studi di questo tipo sono una novità, c’è molto entusiasmo, ma si è pienamente coscienti della portata che informazioni del genere hanno sulla vita di un individuo? Siamo davvero pronti a conoscere tutti i difetti genetici accumulati nel nostro DNA che potrebbero darci patologie?
Molte persone mandano il proprio campione per avere una risposta su eventuali predisposizioni ma spesso non sanno a cosa stanno andando incontro: sapere le alterazioni che potrebbero portarci a una patologia anche grave è una fortuna o una condanna? Per questo a livello sanitario si segue un iter preciso: ciò prevede una consulenza psicologica che determina se il paziente, che in tal caso ha un motivo preciso per richiedere il sequenziamento, è in grado o meno di sostenere il peso delle informazioni che potrebbe ricevere. Dopodiché il soggetto decide se sapere solo il risultato riguardo al gene malattia che gli interessa in modo particolare, se avere i dati di geni che potrebbero essergli utili in una prospettiva di prevenzione (per esempio, nel caso di un gene che predispone a un cancro alla mammella, si possono fare controlli più frequenti) oppure se essere informato di tutto.
Ora è possibile far sequenziare il nostro DNA anche senza passare attraverso il parere di un esperto. Ma dovremmo?