Quando l’internazionalismo diventa cosmopolitismo

L’Unione Europea è stata accettata sulla base di un equivoco di fondo creato artificialmente dalla classe dirigente di sinistra. Questo equivoco verte sulla confusione, voluta o sopraggiunta, tra il concetto di cosmopolitismo e quello di internazionalismo, che sono stati abilmente miscelati tra loro fino a trovare un falsa fusione ideologica che ha trascinato anche i militanti di tanti partiti appartenenti alle correnti di sinistra all’accettazione di questo costrutto che rinnega le loro principali convinzioni.

Per comprendere la trasformazione del pensiero della sinistra italiana in tema di sovranità non serve avventurasi in ragionamenti tortuosi e complessi, ma ci basterà esclusivamente fare un passo indietro alle posizioni precedenti, servendoci del ragionamento esposto dal padre costituente socialista Lelio Basso. Egli, in data 13 luglio 1949, ebbe modo di analizzare questa tematica sulla base delle idee del suo partito di appartenenza, il PSI:

«È in questa fase e come strumento di dominazione americana, che nasce e si concreta il progetto francese di Unione Europea, nasce cioè la proposta di una vera Unione Europea con parziali rinunce alle sovranità particolari. […] Noi sappiamo che ogni passo avanti che si fa verso questa cosiddetta unione è un passo avanti sulla via dell’assoggettamento dell’Europa al dominio del capitale finanziario americano ed è altresì un passo avanti verso la formazione di una piattaforma europea in funzione antisovietica. Ridotta a questa espressione, l’Unione Europea somiglia profondamente all’Europa di Hitler: anche allora «Europa in marcia», era una delle espressioni care alla dominazione nazista, così come oggi «Europa in marcia» è espressione cara alla dominazione americana. Il nostro internazionalismo non ha nulla in comune con questo cosmopolitismo di cui si sente tanto parlare e con il quale si giustificano e si invocano queste unioni europee e queste continue rinunzie alla sovranità nazionale. L’internazionalismo proletario non rinnega il sentimento nazionale, non rinnega la storia, ma vuol creare le condizioni che permettano alle nazioni di vivere pacificamente insieme. Il cosmopolitismo di oggi che le borghesie, nostrana e dell’Europa, affettano è tutt’altra cosa: è rinnegamento dei valori nazionali per far meglio accettare la dominazione straniera».

Un magistrale Lelio Basso, che nelle vicende dell’attualità ci permette di prendere le misure alla deriva cosmopolitista intrapresa dalle forze internazionaliste. Se la sinistra avesse tenuto le posizioni espresse da Lelio Basso, ma anche da Togliatti, questa Unione Europea sarebbe stata totalmente rigettata dal pensiero di sinistra, che oggi risulta insensatamente promossa dalle forze politiche da essa generate e mutate.

È proprio sulla base di questa mutazione, che appare quasi come una clonazione abilmente manipolata, che le nuove generazioni. che si sono perse tutti i passaggi storici intermedi, credono di sostenere un pensiero di fratellanza tra popoli europei, appoggiando di fatto lo sradicamento culturale a vantaggio della competizione nel mercato unico europeo tra quegli stessi popoli apparentemente affratellati dal pensiero utopistico di Europa unita. Il capitale dev’essere libero di viaggiare, di non trovare ostacoli di controllo democratico verso il profitto, il resto non è che un insieme di coriandoli in una costruzione antidemocratica. L’opposto di un pensiero di sinistra.

Rinnegare i valori nazionali, l’amor di patria, la «libertà di tutti i popoli di fare da sé», non è che una mistificazione di ciò che fu. Una falsa narrazione come questa traballa in tempi di reale necessità di fratellanza europea e lo notiamo da alcuni ignobili attacchi subiti in questi giorni dal nostro Paese, bollato come l’untore d’Europa.