Altaforte e Salone del Libro: a Polacchi la libertà di parola in tribunale

Altaforte non ci sarà.
È arrivata in extremis la decisione dell’organizzazione del Salone del Libro di Torino di escludere dalla kermesse la casa editrice di Francesco Polaccchi, dichiaratamente antidemocratico e fascista.
Spalleggiata e richiesta dal Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e dalla Sindaca di Torino Chiara Appendino, la decisione è stata presa nella giornata di ieri ed era fortemente attesa, soprattutto in seguito alle numerose polemiche che si erano create in questi ultimi giorni ed alle rinunce alla partecipazione da parte di molti ospiti che si erano dichiarati infastiditi dalla presenza della controversa Altaforte.
Comune, Regione e organizzazione del Salone si espongono così a una possibile causa legale da parte dell’editore, un procedimento che difficilmente potrà vederli vincitori (e che era stato il motivo dei dubbi iniziali sulla risoluzione del contratto già stipulato con Polacchi), ma che è necessario sostenere in virtù di un bene più grande che è la tutela dell’immagine del Salone del Libro e della città di Torino stessa, da sempre baluardo e roccaforte dell’antifascismo e della libertà.

Polacchi, dal canto suo, dichiarava: «Alle 10 sarò al Salone del Libro di Torino per ribadire che la logica di Altaforte non si piega al pensiero unico. Se avete a cuore la libertà d’espressione, vi aspetto. I libri non devono conoscere censura».
Un pensiero davvero particolare (e piuttosto incoerente) per uno col il suo passato e il suo presente.
Francesco Polacchi, infatti, risulta essere pregiudicato e tutt’ora sotto processo per violenze.
Tracciamone un identikit:
Anno 2007, a Portorotondo, in Sardegna, Polacchi aggredisce assieme ad altri 14 compagni, due ragazzi e ne accoltella un terzo.
Viene imputato per tentato omicidio e finisce in carcere a Sassari, ma il tutto si concluderà in prescrizione per via di una obbrobriosa vicenda di lungaggini burocratiche da parte del Tribunale di Tempio.
Anno 2009, in piazza a Roma scendono gli studenti, stanchi ed esaperati dalla politica di tagli dell’allora governo Berlusconi.
Francesco Polacchi è li, alla guida dei giovani fascisti legati ai movimenti giovanili di CasaPound che armati di mazze e spranghe assalirono gli studenti, ne conseguiranno il suo arresto e la sua condanna ad un anno di reclusione.
Successivamente, alcuni giornalisti verranno minacciati per aver tentato di far luce sulla vicenda, tra questi Federica Sciarelli, che subirà anche un’irruzione da parte di 40 personaggi a volto coperto.
Le aggressioni verranno rivendicate da CasaPound Italia.
Anno 2010, Polacchi e un altri militanti neofascisti assaltano armati un gruppo di attivisti del Centro Sociale Acrobax, intenti nell’apporre dei manifesti.
Il gruppo dell’editore ebbe la peggio e lui stesso fini all’ospedale, inutile dire che tutti furono denunciati.
Giugno 2017, assieme a un gruppo (manco a dirlo) di iscritti a CasaPound, assalta e irrompe a Palazzo Marino con l’intento di chiedere le dimissioni del Sindaco di Milano Giuseppe Sala.
Non riuscendo nel loro proposito, i gentiluomini di Polacchi riversano la loro violenza su un comitato di quartiere della zona di san Siro.
La questione giuridica è tutt’ora aperta.

Ecco perché la decisione di escludere AltaForte dal Salone del libro parrebbe essere la migliore possibile, in funzione di tutela dell’ordine pubblico e soprattutto dell’immagine di una città che, come è noto, vanta la medaglia d’oro al valor militare per i suoi eroici sforzi nella guerra di liberazione dal nazifascismo.
Sarebbe stata terribile, infatti, anche solo l’idea che a fianco di Halina Birenbaum (sopravvissuta ai campi di sterminio che terrà il discorso inaugurale) potesse ergersi lo stand di AltaForte, del quale solo pochi giorni fa, il direttore e rappresentante si era dichiarato orgogliosamente fascista, sostenendo, tra le altre terribili cose, che l’Italia avrebbe la necessità di una dittatura.
Oggi, al pensiero di un affranto Francesco Polacchi che si erge curiosamente a difensore della libertà di espressione contro la censura del pensiero unico, un sorriso nasce d’obbligo.
Questo perché come ci si senta ad essere oppressi, derisi, picchiati e insultati, forse potrebbero testimoniarlo meglio le sue vittime conclamate.
Intanto, al buon editore, verrà restituita la libertà di parola il 10 maggio, in un’aula del Tribunale di Milano, dove dovrà difendersi dalle accuse di lesioni.
Che grande paese l’Italia: ognuno possiede la libertà di parola (vale anche per i violenti pregiudicati) nelle sedi a lui più consone.