Caro casalese ti scrivo, e ti spiego cosa non va

Eternit 01

Caro casalese,

ti scrivo sia che tu abbia capito il mio articolo «Speriamo che riaprano l’Eternit a Casale», sia che il senso di quel pezzo ti sia ancora oscuro. Ti scrivo sia che tu sappia dei sacrifici, economici e di tempo, che noi de La Voce che Stecca abbiamo sostenuto per Casale, sia che tu non te ne sia mai interessato. Ti scrivo perché le reazioni tue o dei tuoi concittadini a quel pezzo mi hanno profondamente ferito: quello che, nella mia testa, era un articolo provocatorio (non «ironico», «sarcastico» o «satirico») è stato interpretato come una mossa pubblicitaria o, ancora peggio, come un’offesa ai casalesi morti a causa dell’Eternit.
Caro casalese, quello che mi ha ferito di più è stata la tua indifferenza quando raccoglievamo le testimonianze dei tuoi concittadini per impedire che, dopo la purtroppo scontata sentenza di assoluzione per avvenuta prescrizione, la vicenda Eternit cadesse nell’oblio; indifferenza che è scomparsa inspiegabilmente quando un titolo messo lì apposta per scatenare la curiosità ti ha mandato sulla cattiva strada riguardo all’interpretazione dell’articolo. Mi hanno detto che sono un satirista e un titolista mediocre, critiche che io mi sento di rigettare al mittente sia perché l’articolo in questione non è un pezzo di satira, sia perché il titolo ha avuto l’effetto per il quale è stato meditato: incuriosire. A nulla sono valse le spiegazioni che ho cercato di dare con un ulteriore articolo: nella tua testa sono un giornalista incapace di esprimersi oppure uno di quelli che vorrebbero di nuovo l’Eternit a Casale.
Mi hai deluso, casalese, in questi mesi abbiamo parlato tanto della tua città e abbiamo raccolto alcune testimonianze molto importanti. Là non ci criticavi vero? Oppure la verità è che non sapevi della nostra esistenza oppure che non pensavi che ti riguardasse? Il fatto che siamo una realtà piccola, non siamo certo il
Corriere della Sera anche se troverai la mia firma in calce ad alcuni articoli nel Veneto, però siamo una realtà completamente no profit e, nonostante questo, sono venuto di tasca mia a Casale perché non riesco a parlare di ciò che non conosco. Abbiamo tanti lettori, quindi così male il nostro lavoro non lo facciamo e spendiamo tempo e denaro in nome di una libertà di espressione che è vera solo quando chi scrive non ha nulla da perdere. Non lo facciamo per manie di protagonismo o per sciocchezze simili. E dire che cerchiamo notorietà vuol dire offendere il nostro lavoro, che non è poco.
Per il progetto che avevamo in testa, caro casalese, avevamo bisogno anche di te: io non abito a Casale e, fortunatamente, nessuno dei miei parenti è morto a causa dell’Eternit. A novembre, quando iniziavo a farmi conoscere con l’aiuto di qualche casalese che ora mi volta le spalle, la domanda che sempre più spesso mi veniva posta è la seguente: «Perché lo fai?». Non lo faccio per soldi e nemmeno per notorietà, lo faccio – ed è questa la risposta che davo sempre – perché «me lo impone la mia coscienza». Abbiamo tanti lettori che, probabilmente perché ce lo meritiamo, si affidano a noi per un’informazione libera e noi abbiamo la responsabilità di dargliela sempre. «Diciamo le cose che gli altri non dicono», citando il motto del
Fatto Quotidiano che si addice anche a noi, e la storia di Casale e dell’Eternit, dopo che è stata pronunciata la sentenza in Cassazione, non sarà più «interessante» per i giornali tradizionali. La nostra coscienza ci ha imposto di interessarcene, e questo non mi sembra da biasimare.
Ora però, caro casalese, tu ci hai voltato le spalle e noi non abbiamo più modo di fare quello che avevamo in mente. Quindi abbandoniamo il nostro proposito e rimandiamo la decisione a te: vuoi continuare a prendertela con noi, oppure decidi di prendertela con un governo che non vi aiuta nella bonifica ma che ha i soldi per finanziare l’Ilva, la fabbrica della morte in Puglia?
Mi dispiace ma non abbiamo altra scelta.

Tito G. Borsa