Cercansi nemici per nascondere cazzate

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Domani si va a votare in 7 regioni e il Pd è spaventato a intermittenza: Renzi si accontenta del 4-3, mentre Alessandra Moretti – che nel giro di due anni è già andata alla Camera e in Europa – è sicura: «Sono convinta che alle regionali faremo un 7-0 e quello del Veneto sarà un golden goal», ha postato giuliva su Facebook.Fin qui tutto regolare: ottimisti e pessimisti ci sono sempre. Il fattore a sorpresa è stato il documento emesso dalla Commissione parlamentare antimafia (presieduta dalla pdina Rosy Bindi) in cui si segnalano i 17 (in seguito ad una correzione divenuti 16) candidati in Campania e in Puglia che non dovrebbero occuparsi di politica: gli impresentabili (li trovate qui). Primo della lista è il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, candidato alla presidenza della Campania con il Pd: su di lui pende un giudizio per il reato di concussione continuata (risale al 1998) e altre amenità come abuso d’ufficio, truffa aggravata, associazione per delinquere. Rinunciando alla prescrizione, De Luca ha «rinunciato» anche allo scranno regionale. Ma sarà lo stesso Vincenzo De Luca che Renzi ha appoggiato? Pare di sì. «De Luca non ha i toni della dama di compagnia inglese del 700, ma è quello che ci rimette a posto la Campania», avrebbe scritto il premier su whatsapp, secondo le indiscrezioni giunte al Fatto. «Vincenzo De Luca è un amministratore straordinario», «Nessuno degli impresentabili verrà eletto», «La candidatura di De Luca è autorevole, qualificata e assolutamente vincente», «De Luca è una guida forte», hanno detto Renzi e il suo cerchio magico (Boschi e Lotti). Parole pronunciate anni addietro? Certo che no: risalgono a ieri e a giovedì 28 maggio. A poche ore dalla pubblicazione della famigerata lista.
In un paese normale premier e amici avrebbero fatto subito un passo indietro e chiesto scusa, magari allegando una lettera di dimissioni, da noi no: la colpa è della Commissione antimafia e, in particolare, di Rosy Bindi, che ha solo fatto il suo dovere. Il comportamento dei democratici ricorda vagamente quello di qualcun altro che, indagato e processato, incolpava di questo i giudici e i magistrati. Tralasciando queste analogie, riportiamo qualche commento sulla vicenda: «Bindi sta violando la costituzione, allucinante che si pieghi la commissione antimafia a vendette interne di corrente partitica» (Ernesto Carbone, responsabile PA e Made in Italy del Pd); «La
Commissione Antimafia non può essere usata per vendette politiche. È uno strumento troppo importante, non può essere svilito così» (Davide Faraone, sottosegretario del ministero dell’Istruzione, Pd); «Tutto sbagliato» (Ivan Scalfarotto); «Indecente utilizzo della commissione antimafia come strumento di vendetta politica» (Francesca Puglisi); per Andrea Marcucci quello della Bindi è un «imbarazzante e inutile» show e via discorrendo.
Siamo in un paese che funziona al contrario: per una volta che un politico fa il suo dovere, gli avversari interni al suo partito hanno anche il coraggio di criticarla. Vedremo come andranno le elezioni, ma Rosy Bindi ha compiuto un gesto doveroso.