Charlie Hebdo: vogliono uccidere la libertà

Per gentile concessione di Flavio Campagna  www.kampah.com
Flavio Campagna www.kampah.com

Carissimi lettrici e carissimi lettori, quello che è successo ieri è una di quelle cose che non vorremmo che accadessero mai ma, purtroppo, ci è proprio anche l’onere di parlarne. L’attentato, non saprei personalmente come altro definirlo, alla redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, oltre a costare la vita a 12 persone, è stato anche un attentato – non abbiamo paura di dirlo – alla libertà di espressione e di stampa non solo francese, ma anche europea e forse mondiale. A differenza di giornalisti i quali hanno fatto della lotta all’islam la propria bandiera, non ne faccio una questione religiosa, etnica o, ancora peggio, razziale. Almeno per quanto è possibile. È innegabile che i tre attentatori siano musulmani ed è probabile che la ragione della strage sia da imputare ad alcune vignette con Maometto protagonista apparse sulle copertine del settimanale. Il problema è che l’attentato di ieri può davvero creare uno spaventoso precedente nella storia occidentale.
Una democrazia non può prescindere dalla libertà di stampa e di espressione. Siamo arrivati a questo dopo decenni di censura (e di autocensura molte volte) e adesso, almeno sulla carta, siamo liberi di scrivere quel che ci pare nel rispetto della legge. Ed il cittadino è altrettanto libero di usufruire dell’informazione che preferisce. Quanti di noi si sentirebbero offesi vedendo una vignetta che rappresenta un rapporto anale fra padre, figlio e spirito santo? Molti immagino, e Charlie Hebdo ha pubblicato anche questo. Come può reagire il lettore? Facendosi due grasse risate oppure decidendo di non comprare il giornale. Non certo tirando bombe molotov dentro la redazione (come successo alcuni anni fa) oppure andando lì di persona per poi uscire lasciandosi dietro una strage. È civiltà questa? No, ovviamente.
La tragedia avvenuta ieri riguarda tutti noi, soprattutto chi di noi si occupa di informazione: quale sarà il prossimo giornale colpito? È questo il trucco del terrorismo: quasi tutte le vittime sono scelte a caso, non hanno un legame con il motivo della loro uccisione, se non vivere nel posto sbagliato o magari parteggiare per lo schieramento che gli attentatori giudicano sbagliato.
Cosa fare. Non penso di essere l’unico che ha questa domanda in testa e che impazzisce cercando di trovare una risposta, risposta che purtroppo non c’è. L’unica cosa che per ora possiamo fare è continuare a fare il nostro mestiere (anche noi da «miseri» blogger), proseguire il lavoro che stiamo facendo (chi meglio e chi peggio). Non possiamo inginocchiarci a quello che vogliono loro. Saranno islamici, ma il problema è che sono, non in quanto islamici ma in quanto integralisti, assassini della libertà. Terrorismo e libertà sono due parole che non possono in alcun modo andare di pari passo: dove una trionfa l’altra perisce. L’incommentabile e terribile attentato di ieri non deve farci desistere ma, quasi paradossalmente, darci nuova forza: se l’informazione non fosse così potente, che motivo ci sarebbe di fare una strage per cercare di fermarla? Abbiamo tutti, giornalisti e blogger, una responsabilità grandissima, e non serve un Ordine per farcelo presente, e, sebbene tenere fuori la nostra opinione sia a volte inevitabile altre volte ingiusto, dobbiamo essere sempre liberi. Solo così potremo far bene il nostro lavoro.
Libera informazione sempre.

Tito G. Borsa