Contro la pena di morte e l’ergastolo ostativo

causa della scadenza delle dosi di midazolam, il sedativo che viene somministrato all’inizio dell’esecuzione e della difficoltà a reperirne altro, l’Arkansas ha deciso di giustiziare otto condannati a morte dal 17 al 27 aprile. Questa accelerazione dell’esecuzione delle condanne a morte ha riaperto il dibattito sulla liceità etica e giuridica della pena capitale in uno Stato moderno.
La pena sin dall’illuminismo deve significare essenzialmente due cose: 1. rieducazione del condannato per un successivo ritorno nella società, 2. sicurezza per gli altri cittadini, che se il criminale è rinchiuso in carcere possono naturalmente sperare che il reato non venga commesso nuovamente. Lontanissimi dal concetto moderno di pena sono invece quelli di punizione e di vendetta, perpetrata sia dai cittadini che dallo Stato stesso.
Che significa questo? Semplicemente che la pena capitale e l’ergastolo ostativo non rispondono a questi parametri perché contrari a ogni rientro nella società. Il secondo ha solo un pregio in più della prima: si può tornare indietro nel caso di errori giudiziari. In entrambi i casi poi, se vogliamo entrare in un discorso più filosofico e profondo, si ha un evento completamente innaturale: il cittadino mette la propria vita nelle mani dello Stato. È assurdo, per esempio, che a schierarsi a favore del «fine pena mai» e/o della pena di morte siano coloro che appoggiano anche il suicidio assistito o l’eutanasia: la contraddizione è evidente perché nel primo caso negano la relazione di possesso che intercorre fra un individuo e la sua esistenza, mentre nel secondo caso la avvallano.
Qui è necessario sospendere il proprio giudizio etico a favore della morale pubblica: al di là di quanto sia efferato un delitto, di quanto ci possa far inorridire o del bisogno sociale di «vendetta» che esso provoca, la condanna a morte non è rieducativa, non dà una «seconda possibilità» al condannato, oltre a mettere la vita di un individuo nelle mani dello Stato, tramite un esproprio innaturale che, se compiuto da un privato cittadino, viene duramente punito. Se lo Stato è composto da persone in una condizione di completa uguaglianza fra diritti e doveri, solo un pazzo può firmare un contratto sociale tale da contemplare l’ipotesi dell’annullamento del possesso della propria vita.