De André fa risorgere Lee Masters dall’oblio

In occasione dei 17 anni dalla morte di Fabrizio De André (11 gennaio), considerato dai più il più grande cantautore italiano di tutti i tempi, ogni settimana analizzeremo – senza pretesa di esaustività – i 13 album in studio dell’artista genovese: da Volume I ad Anime Salve, dal 1967 al 1996.

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Con il concept album del 1971, Non al denaro, non all’amore né al cielo, inizia la collaborazione con il futuro premio oscar Nicola Piovani, che continuerà con il successivo disco Storia di un impiegato. Basato sull’Antologia di Spoon River del poeta americano Edgar Lee Masters (1868-1950), Non al denaro riesce a unire testi che toccano vette artistiche molto elevate e arrangiamenti a dir poco magistrali. Sette ritratti – un matto, un blasfemo, un giudice, un chimico, un malato di cuore, un ottico e un medico – di sette uomini che «dormono sulla collina» e che, al riparo dalla terra che li copre, possono dire finalmente la verità. Amore e invidia sono le molle di tutto l’agire umano: i sette personaggi hanno basato le proprie esistenze su questi due sentimenti che, per loro natura, riguardano (in modo completamente diverso) gli altri. L’unico outsider è il suonatore Jones che ha deciso invece di dedicare la propria vita a suonare, ossia a ciò che amava fare. Non un amore-per-gli-altri ma un amore-per-sé, che lo fa morire con tanti ricordi «ma nemmeno un rimpianto».
I testi sono cofirmati da Giuseppe Bentivoglio, che aveva già collaborato con De André in Tutti morimmo a stento; mentre è importante l’intervento di Fernanda Pivano, dal quale nacque una lunga amicizia: era lei ad aver tradotto per Einaudi l’Antologia e De André le affidò la scrittura di un’immaginaria intervista a Lee Masters, presente nel libretto dell’album. «Spoon River l’ho letto da ragazzo, avrò avuto diciott’anni», spiega il cantautore genovese, «Nella vita, si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso e a non essere sinceri; nella morte, invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente».