DIETE E BUGIE: intervista a Max Andreetta

Oggi intervistiamo Massimiliano Andreetta, giornalista e inviato di PiazzaPulita, La7.
Massimiliano, che è stato anche autore per Le Iene, ci guida in un viaggio nel mondo delle diete, descrivendoci tutte le bugie che lo popolano.

ll tuo viaggio verso le insidie delle diete è cominciato a LA7 con Piazzapulita.
Ti sei messo alla prova in prima persona, sperimentando vari sistemi per perdere peso.
Secondo la tua esperienza, se dovessi fare una sintesi, di che tipo è il mondo delle diete?
Qual è la dieta più assurda che hai provato? E perché?

«Il mondo delle diete è un mondo che vale 180 miliardi di dollari in tutto il pianeta. Ormai, essendo diventati troppo ricchi, siamo diventati un popolo in sovrappeso. Siccome siamo un popolo benestante, al posto del classico metodo, che si avvale di un regime alimentare equilibrato e dell’attività fisica, per dimagrire cerchiamo di usare le scorciatoie .
Siamo anche il popolo del del pretendo, del voglio tutto e subito. C’è, quindi, l’illusione diffusa che questo possa funzionare anche per il mondo delle diete.
Oggi le tecniche dimagranti più facili compaiono su internet, sui social network, su televisione e giornali. In libreria ci sono 150 libri che danno 150 indicazioni alimentari diverse. Il cliente medio spera che quel consiglio alimentare che trova faccia al caso suo. Per dimagrire, arriva a prendere gocce o bibitoni, per poi postare su internet foto in cui è in salute e felice, riuscendo a dimagrire e anche a guadagnare.

La dieta più assurda attualmente è costituita da un farmaco per diabetici.
In alcune farmacie in Italia, addirittura, questo farmaco manca, perché c’è chi lo usa per dimagrire, anche quando non è previsto dalle linee guida per il trattamento clinico. Ci sono dei medici che prescrivono questo farmaco perché influisce sull’ipotalamo, sul sistema endocrino, arrivando ad inibire il senso di appetito.

In un mio servizio di Piazzapulita, avevo assunto delle gocce dimagranti e, per pubblicizzare quel prodotto, alcuni medici venivano spacciati come testimonial. Adesso, invece, ci sono dei medici che propongono questi farmaci per dimagrire. Si tratta di prodotti che, in molti casi, comportano effetti collaterali come nausea, vomito e diarrea, senza considerare, poi, che scombussolano il mercato: chi ne ha realmente bisogno resta senza.

Il sistema dimagrante più drastico in assoluto che io abbia mai provato è, invece, quello del sondino nasogastrico. Ti fa smettere di mangiare.
Al tempo lo avevo sottovalutato ed ero stato tratto in inganno dal fatto che me lo consigliasse un medico.
Il medico non mi aveva, però, elencato tutti gli effetti collaterali e i danni correlati, per cui io non mi ero proprio preoccupato. In realtà, poi, non solo ho avuto scompensi a breve termine, ma facevo anche fatica a stare concentrato, stare lucido, ad interagire normalmente con le persone. È gigantesco anche il conseguente disagio mentale e sociale: si deve assumere solo acqua, caffè e camomilla. Questo perché, per indurre la chetosi, non si deve ingerire alcuna forma di zucchero.»

Il titolo del tuo libro è “Diete e Bugie”.
Quali sono le bugie più grandi e importanti che, nel tuo percorso, hai riscontrato e che possono essere più forvianti per il consumatore?

«Noi siamo ingannati dalla pubblicità ogni giorno. Io ho lavorato per 3 anni in Red Bull e so benissimo come funziona un’azienda del beverage.
Già la mattina, quando ci alziamo e andiamo a bere il caffè al bar, dobbiamo decidere se prendere la bustina di zucchero bianco o quella marrone, che altro non è, poi, che lo stesso zucchero bianco coperto da un po’ di melassa.
Tutti i giorni, quindi, veniamo ingannati: da quando ci alziamo la mattina a quando andiamo a dormire la sera.
In questo libro si guarda proprio alle bugie: da quella detta al mattino, quando vorremmo bere un caffè dolce, che, in realtà, ci lascia un retrogusto amaro, perché ci hanno appena ingannato con lo zucchero, a tutto quello che riguarda il mondo dell’industria alimentare.
L’industria alimentare è geniale per la sua perizia nel fare dei prodotti, ma ciò non vuol dire che la somma di tutti questi prodotti, mangiati ogni giorno, ci faccia bene.
Non siamo abituati a capire e a ragionare su cosa, di quello che mangiamo, ci faccia male o bene.
Non siamo chiamati a pensare al senso della dieta che stiamo seguendo, non sappiamo quali sono le reali proporzioni del cibo che mangiamo.»

Oltre alle varie diete scorrette, in questi anni si è diffusa anche l’assunzione di barrette proteiche, integratori e l’ingerimento di cibi complessi e artificiali.
Secondo te,
quanto incide sulla salute delle persone questa enorme quantità di cibi processati? È necessario aumentare il grado di istruzione e di formazione riguardo a questi temi?

«Se non ti sei regolato, anche se eri convinto di farlo, ti può succedere di ingrassare perché non mangi in modo equilibrato. A questo punto, o si entra nel giro dell’inferno delle diete, che possono essere delle scorciatoie illusorie, oppure ci si può fidare del medico, rischiando di fare una dieta che non si riesce a mantenere.
Da un lato siamo bombardati dalla pubblicità, dall’altro non siamo più capaci di distinguere quello che è sano da quello che è “palatabile”.
Abbiamo, insomma, confuso il cibo buono e sano con il cibo buono e palatabile. Il nostro istinto è stato distratto dal modo con cui viene colpita la nostra parte razionale, facendo leva su quella irrazionale. Siamo anche la società dell’immagine, siamo bombardati di pubblicità, non siamo abbastanza acculturati per poter riconoscere il valore nutrizionale di quello che mangiamo. Il risultato è che non siamo più capaci di distinguere quello che ci viene proposto dalla pubblicità.
Dovremmo inserire diete e cucina nelle scuole per insegnare come mettersi a riparo da chi ti racconta fesserie.
Dovremmo parlare con un nutrizionista o un dietologo, per capire come vanno cercati i cibi da abbinare per mangiare sano.
Il problema probabilmente è che non c’è nessun interesse, da un punto di vista politico, a preservare la salute dei cittadini.
Il ministero non fa nulla per arrivare alle persone in maniera efficace e dire loro come mangiare per stare in salute.
Questo libro serve proprio per dare gli strumenti a chi vuole capire il mondo alimentare che lo circonda, come mettersi in guardia e come cambiare approccio rispetto al cibo, per non cadere in queste trappole.»

La pubblicità che imperversa in siti e social condiziona le persone e le porta ad intraprendere diete sbagliate e nocive?

«Certo, con la stessa velocità con cui scorriamo le pagine su Instagram, vorremmo perdere peso.
Ci affidiamo a quelli che stanno su Instagram, sperando di perdere peso nella stessa velocità con cui abbiamo conosciuto i loro consigli.
Ma la ricetta non è quella, è individuale.
Non credo ai libri che danno una dieta che vale per tutti. Chiunque si affidi ai libri, per leggere un consiglio che sia universale, purtroppo, cade in un’altra trappola.

Nel libro non consiglio una dieta, mi faccio cavia e porto l’esempio di come ho trovato l’equilibrio con il cibo, dopo che mi sono ritrovato gli esami del sangue sballati.»

Il web è pieno di guru e influencer che cercano di vendere ricette facili e veloci.
Quali gli indizi dovrebbero farci accendere i giusti campanelli d’allarme?

«Se distribuiscono consigli o vendono prodotti. Perché, quando una persona vende prodotti, vuol dire che il suo interesse non è quello di farti stare bene, ma è quello di vendere prodotti.
Il venditore raramente si occupa della salute, più probabilmente del suo portafoglio.
Nel libro pongo l’esempio di alcune famose gocce dimagranti: si deve controllare se realmente i contenuti e i componenti di quei prodotti hanno funzioni dimagranti oppure no.
Una persona deve costruirsi una cultura, andare a fare le pulci e controllare quello che gli stanno vendendo.
Un venditore può essere una persona affidabile, quando ti dice candidamente qual è la sua partita IVA, qual è il suo indirizzo, la sua sede legale di riferimento, il luogo di produzione e qual è il suo nome e cognome. Questo ti permette di capire e definire in maniera inequivocabile dove cercare il venditore, qualora quel prodotto dovesse rivelarsi una ciofeca. Altrimenti, se ciò non si verifica,  probabilmente è meglio starne alla larga del tutto.»

Il tuo libro porta il lettore a riflettere sul rapporto che tutti noi abbiamo con il cibo.
In che modo questo rapporto è influenzato da marketing, pubblicità ed emozioni
, come il senso di inadeguatezza?

«L’inadeguatezza è la regina della nostra epoca. Siamo figli del senso di inadeguatezza e questo varia in base alle generazioni. Da un lato ci sono generazioni di allocchi che credono a tutto, in primis, ai guru, cercando una persona che dia dei consigli e sperando che questa si occupi di loro, dall’altro lato ci sono le generazioni bombardate dalla società dell’immagine. Questa ci rende inadeguati, perché non sei mai bello abbastanza, mai figo abbastanza, mai ricco abbastanza.
Quello che stiamo vivendo, tuttavia, è un momento storico assai difficile per tutti. Dopo la pandemia siamo tutti più grassi, dopo la guerra siamo tutti più preoccupati e le nostre emozioni, ad un certo punto, vengono sublimate nel cibo, perché è l’unica fonte di gioia garantita, semplice e legale.
Inevitabilmente siamo in un circolo vizioso: da una parte non sei bello e magro abbastanza, dall’altro sei abbastanza stressato, per cui a fine giornata mangi.
Durante il giorno veniamo bombardati con consigli pubblicitari e alimentari. Ecco che il nostro istinto verso il buon cibo è stato completamente debellato, ingannato e stordito dall’effetto del marketing.
Bisogna riconquistare se stessi e bisogna restituire al cibo il ruolo di cibo. A fine giornata, anziché colmare le frustrazioni tramite la pizza, dovremmo capire che, se riuscissimo a farci una passeggiata o se parlassimo con gli amici. staremmo meglio.»