Disfatta Pd: il silenzio social dei vertici

«Dopo un risultato come quello di Roma abbiamo il dovere della sincerità». È Matteo Orfini, presidente del Pd, l’unico dei pezzi grossi a prendere la parola su Twitter dopo l’innegabile disfatta dei ballottaggi di domenica. Responsabile del Partito Democratico a Roma, a lui era stato affidato il compito di risanare la politica capitolina dopo Mafia Capitale. Evidentemente il suo lavoro non è parso sufficiente agli elettori.

Se però Orfini si è pronunciato, dagli altri membri di spicco del Pd non è giunto nessun cinguettio: né Renzi, né la Boschi, né la Serracchiani, né tanto meno Ernesto Carbone (due mesi fa così svelto a sfottere con un «ciaone» i sostenitori del referendum sulle trivelle) nel momento in cui questo articolo viene scritto hanno affidato alcunché al social network più trendy per la politica.
Una sconfitta è sempre una sconfitta: perdere la roccaforte Torino insieme a Roma e Napoli, dove i democratici erano già dati per spacciati, è senza dubbio uno smacco notevole per il premier che, bisogna dirlo, dopo le europee in poi aveva già iniziato un lento ma apparentemente inesorabile declino. Avevo scritto qualche tempo fa che il voto delle amministrative ha poco a che vedere con la politica romana e lo ribadisco: più che la disfatta di Renzi quello di domenica è stato il voto che ha sancito il trionfo a 5 Stelle. Per la prima volta i grillini entrano da protagonisti in due realtà importanti come Roma e Torino, per la prima volta gli elettori hanno deciso di metterli alla prova e per questo queste sfide sono estremamente importanti. In bocca al lupo a Chiara Appendino e soprattutto a Virginia Raggi: al di là di ogni appartenenza politica auguriamo loro di fare il bene delle città che sono chiamate ad amministrare. La buona politica è sempre un’ottima cosa, indipendentemente da chi la pratica.