Dopo le dimissioni del Governo, l’Olanda va al voto

Il 15 gennaio scorso, dopo che diverse vicende ne avevano minato la credibilità, il Governo olandese, presieduto dal Primo Ministro Mark Rutte, ha dato le dimissioni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato lo scandalo sui sussidi: molte famiglie povere, che avevano bambini a carico, sono state accusate di essersi aggiudicate in modo truffaldino alcuni sussidi che riguardavano i servizi per l’infanzia. Altre critiche riguardavano invece il piano per la somministrazione dei vaccini contro il SarsCov2, per cui lo stesso Rutte, a fine gennaio, ha ammesso una profonda impreparazione. Altre criticità sono state registrate con i tafferugli avvenuti dopo l’annuncio del coprifuoco, il primo dopo il dopoguerra, decisione che peraltro è stata giudicata illegittima dopo un ricorso al tribunale dell’Aja (con sentenza sospesa, successivamente, in secondo grado di giudizio). Sempre nel periodo finale di gennaio, in una notte si è arrivati a quattrocento persone arrestate.

Per questi motivi, a un mese dalla scioglimento del Parlamento per la fine della legislatura, il Governo ha presentato le dimissioni nelle mani del Re. Nel frattempo, i partiti si sono organizzati per le elezioni, già programmate per mercoledì 17 marzo. Nonostante gli scandali e le polemiche, la coalizione che sostiene Rutte (in carica dal 2010) non dovrebbe avere particolari problemi a mantenere la maggioranza, con una composizione del governo che dovrebbe rimanere pressoché invariata. Rutte, nel frattempo, ha prolungato il coprifuoco nazionale (dalle 21 alle 4) fino al 15 marzo, due giorni prima delle elezioni e, contemporaneamente, ha allentato le misure più stringenti, come ad esempio la chiusura delle scuole, recuperando un po’ di consenso.

Il partito liberal-conservatore (VVD), che è la formazione politica di riferimento del premier, viaggia nei sondaggi intorno ai 36 seggi, in leggero aumento rispetto ai 33 delle ultime elezioni, ma comunque in calo rispetto al picco dei 43 di poco più di un mese fa. Al secondo posto troviamo il principale partito di opposizione, il Partito per la Libertà (PVV), di destra nazionalista, guidato da Geert Wilders, che molti definiscono il Salvini olandese visti i rapporti che intercorrono tra i due. Con i sondaggi che hanno costantemente dato il PVV tra i 19 e i 20 seggi, percentuale uguale a quella delle ultime elezioni, l’impressione è che Wilders non sia riuscito a sfruttare fino in fondo le debolezze della maggioranza venute a galla nell’ultimo periodo.

A seguire troviamo i socioliberali di D66, e i cristiani democratici di CDA, rispettivamente con 16 e 15 seggi, praticamente appaiati ed entrambi in perdita di 3-4 seggi rispetto alle ultime elezioni. A stretto giro troviamo anche il Partito del Lavoro, di orientamento socialdemocratico (PvdA, a 13 seggi, +4% sul 2017), e i verdi di GroenLinks, (11, in calo di 3 rispetto alle politiche 2017). Questi ultimi hanno subito un calo rilevante nell’ultimo anno, perdendo ben 6 seggi rispetto ai rilevamenti di marzo 2020. L’ultimo in doppia cifra è il Partito Socialista, con 10 seggi, anche questo in calo. Un’altra formazione cristiano democratica è costituita da CU, che si attesta 6 seggi. Ci sono, infine, parecchi partiti minori (meno di 5 seggi) come, ad esempio, il Partito Animalista e il Partito dei Pensionati.

In una situazione che è molto più frammentata di quella italiana, il favorito rimane il partito del Primo Ministro uscente, che può contare ancora sul sostegno dei quattro partiti dell’attuale maggioranza (VVD, CDA, D66, CU). L’alleanza, però, questa volta potrebbe non bastare: si prevede una situazione in cui la coalizione di governo debba allargarsi ulteriormente, con nuovi compromessi, per ottenere la maggioranza dei 150 seggi che compongono il Parlamento olandese.