Enrico Letta: idee sull’Europa e sull’Italia

Contro venti e maree
Enrico Letta
il Mulino – 2017 – 14 euro

Dopo essere stato defenestrato da Palazzo Chigi con l’ormai proverbiale «Enrico stai sereno» ed essersi dimesso dalla Camera nel 2015 per assumere la carica di Dean della Scuola Affari Internazionali dell’Università SciencesPo di Parigi, Enrico Letta torna in libreria con un importante volume sull’Italia e l’Europa, un libro scritto all’alba di due giorni che hanno cambiato la storia del mondo: la Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Un dialogo con Sébastien Maillard, corrispondente del quotidiano cattolico francese La Croix, per fare il punto dopo questi fatti che rischiano davvero di cambiare il mondo per come lo concepiamo oggi.
Immancabili, sebbene molto eleganti e indirette, le frecciatine a Matteo Renzi: Letta concepisce il partito politico come un «Noi» contrapposto all’«Io», mentre il suo successore a Palazzo Chigi ha indubbiamente reso centrale se stesso dentro al Pd. Oggi «i partiti sono ridotti a cassa di risonanza del Capo, luogo in cui i seguaci del leader si acconciano a ottenere i loro piccoli e grandi vantaggi personali rinunciando a esprimere le proprie convinzioni»: omologazione e conformismo sono diventati quindi le caratteristiche della politica, le cui fazioni sono ormai solo «scatole vuote».
Interessante e profondo il discorso di Letta sul «populismo», etichetta dispregiativa che, «un po’ come la peste del Manzoni», è «la causa di tutte le sconfitte della politica odierna»: dal declino dell’Unione Europea all’avvento di Donald Trump, dalla Brexit al fallimento del referendum costituzionale tanto voluto da Matteo Renzi. Un alibi che porta a una deresponsabilizzazione dei politici. «Cosa accomuna Marine Le Pen e i militanti del Movimento 5 Stelle, o l’olandese Geert Wilders e Albert Rivera di Ciudadanos? Possibile annoverarli tutti in una stessa, indefinita, accozzaglia antisistema? Evidentemente no». Ma, nonostante quest’ovvietà, sono tutti colpevoli di «populismo». Perché questo ragionamento astruso e perverso? «Per trovare “la peste”, grande colpevole, e tentare così di salvare i gruppi dirigente, evitare che i loro errori siano evidenziati e le responsabilità rese visibili e sanzionate». La politica cerca l’assoluzione ma così facendo sta colando a picco.
Lo sguardo al futuro è riportato, quasi fosse un monito tiresiano, in quarta di copertina: «La sfida più impegnativa per la politica di oggi? Proporre il meglio, non l’alternativa al peggio».