Fittipaldi e i marò: così muore il diritto

siamo la nazione all’incontrario: abbiamo già assolto i marò per un reato eventualmente compiuto in India e non ci indigniamo per l’incriminazione di Emiliano Fittipaldi e di Gianluigi Nuzzi. I due giornalisti sono chiamati davanti al tribunale vaticano oggi a causa delle loro inchieste, rispettivamente Avarizia (Feltrinelli) e Via Crucis (Chiarelettere), che mettono a nudo la corruzione che circonda San Pietro.
Per comodità prendiamo come esempio del nostro discorso il cronista dell‘Espresso ; il ragionamento è ovviamente analogo per il suo collega Nuzzi. Come già persone più preparate di me hanno spiegato, si tratterebbe di un reato – precisamente la pubblicazione di documenti riservati – non presente nell’ordinamento giuridico italiano che anzi tutela la libertà di informare; questo reato sarebbe stato nuzzicompiuto, secondo quanto dice Fittipaldi, in territorio italiano, non essendosi egli mai recato in Vaticano per raccogliere informazioni. Così il diritto, oltre a morire, va proprio a puttane: uno Stato straniero processa un cittadino italiano per un reato non contemplato dall’ordinamento italiano e, addirittura, compiuto in territorio italiano.
D’altronde, cosa dovevamo aspettarci da un paese dove almeno tutta la destra rivuole indietro i due marò, accusati di omicidio in India? Cosa dovevamo aspettarci da chi ritiene che dei cittadini italiani, se accusati fittipaldida uno stato straniero di un reato compiuto all’estero, debbano tornare in Italia? In effetti le due posizioni sono contraddittorie e non possono che denunciare un’ignoranza di fondo. Forse se Fittipaldi e Nuzzi, militari in carriera, fossero accusati di aver sparato a un paio di preti in piazza San Pietro, anche Gasparri si schiererebbe al loro fianco, invece di tacere. Dell’informazione libera, in un paese che raramente la conosce e quelle poche volte ne prende le distanze, non gliene frega niente a nessuno.
Che tristezza.